A colloquio con Enio Lorenzini, presidente del Terminal Lorenzini & C. che chiuderà il 2020 con +10% nei container – Nel futuro del porto di Livorno: la Darsena Europa alla quale «si arriverà solo aggiungendo navi e container».
Lucia Nappi
LIVORNO- Darsena Toscana, Sponda Est, venerdi 27 novembre ore 13,00, sulla banchina del porto di Livorno la squadra degli uomini sta completando le operazioni di carico dei container a bordo della nave della 2M, l’Alleanza dei due colossi dello shipping globale MSC e Maersk, la nave probabilmente serve la linea per gli Stati Uniti.
Poco più in là un super yacht da 50 metri per un peso di 405 tonnellate, viene movimentato con una gru di bordo e caricato su una nave.
«Costa 24 milioni di euro» parla guardando le operazioni di carico, è Enio Lorenzini, presidente del Terminal Lorenzini & C. l‘impresa che nel porto di Livorno gestisce il terminal Multipurpose per un’area portuale di 90 mila metri quadrati e un parco mezzi in evoluzione. Tra questi le quattro nuove gru RTG, una nuova gru semovente Gottwald HMK7608 e la Gottwald GHMK8412 che è attualmente la gru semovente più alta del Mediterraneo. Inoltre l’area del terminal è dotata di un binario ferroviario interno di circa 400 metri.
Enio Lorenzini, incontrato da Corriere marittimo, ha parlato del presente e del futuro del porto di Livorno, del terminal da lui fondato nel ‘79 con l’amico e socio Ugo Grifoni. Oggi la società vede nella compagine le due famiglie storiche, Lorenzini e Grifoni, dividere pariteticamente al 50% l’azionario con il socio di Ginevra, l’armatore Gianluigi Aponte, presidente e patron di MSC.
Lorenzini, come stanno andando i traffici di container, la pandemia quale impatto ha avuto sui vostri traffici?
«Nel 2020 a gennaio e febbraio, riguardo al traffico container, abbiamo avuto un calo abbastanza importante. Ma dopo aver parlato con il signor Aponte, da marzo, abbiamo ripreso a lavorare alla grande.
Non abbiamo avuto nessuna perdita, nessuna flessione del lavoro. Chiuderemo il 2020 con qualcosa in più rispetto al 2019».
L’aumento è stato di nuove linee?
«No, MSC ha spostato più navi, non si tratta di nuove linee. Forse il prossimo anno potrebbe esserci qualcosa di nuovo in questo senso».
Siete andati contro tendenza pertanto. E’ possibile fare una previsione per i volumi del 2020, rispetto ai container?
«Dovremmo chiudere l’anno con il 10% in più rispetto al 2019, da marzo abbiamo cominciato a lavorare a pieno»
Per la merce varia?
«Comincia un po’ a riprendere».
Il futuro sviluppo del vostro terminal. L’espansione dei terreni e la complessa vicenda dei ricorsi al Tar sull’area Darsena Toscana Sponda Est, ci spiega meglio? Voi gestite un’area in porto di 90 mila metri quadri, è corretto?
«Purtroppo l’area è ancora quella di 90 mila metri quadri. MSC crede fortemente in Livorno e necessariamente dobbiamo aumentare i traffici, perchè non si può pensare di arrivare alla Darsena Europa dove ci vorrà qualche milione di teus, da oggi al domani. Il porto di Livorno si deve preparare e l’impegno degli armatori è fondamentale. A maggio scorso abbiamo preso un altro spazio importante di 11 mila metri quadrati, è fuori porto nell’area ex Palumbo, confina con il terminal di Spinelli, dove andremo a mettere i contenitori che non possiamo mettere in porto perchè non abbiamo spazi».
Pertanto, quest’area di 11 mila mq si va ad aggiungere ai 90 mila mq?
«Si, stiamo facendoci dei lavori e sicuramente la potenzieremo».
Avete fatto investimenti importanti sui mezzi di banchina, 29 milioni in questi anni, poi in ultimo l’arrivo della nuova grandissima gru dall’Olanda.
«Ne dovremo prendere anche un’altra, adesso che le acque si sono un po’ calmate e sperando di lavorare con più tranquillità».
Canale di accesso al porto, Lorenzini Terminal ha finanziato parte dei lavori, per far sì che navi più grandi potessero entrare. Dal 2017 entrano a Livorno navi da 9 mila teu, a metà ottobre avete fatto le simulazioni per le navi da 11 mila Teu
«A breve dovrebbero iniziare i lavori per l’allargamento del canale portuale, però questa volta con fondi esclusivamente dell’Autorità portuale. Quando questi lavori saranno finiti potremmo immettere sulla linea del Sud America le navi da 11 mila Teu».
Cosa cambierà nel canale di accesso ?
«L’altezza e quindi la profondità, se ora come sembra sono ripresi i lavori del microtunnel, ci auguriamo che una volta finito, ci siano le condizioni per rimanere competitivi con gli altri porti in attesa che arrivi la Piattaforma Europa».
Le simulazioni dove le avete fatte?
«Al simulatore di MSC a Sorrento, è un’apparecchiatura bellissima».
Con l’arrivo di navi da 11 mila teu, aumenteranno i volumi dei container?
«Penso proprio di si».
La ferrovia, come sta andando il traffico l’intermodale?
«La ferrovia sta andando molto bene, dopo cinque anni ci hanno finalmente consegnato i binari. Fino a due anni fa facevamo due treni alla settimana, oggi ne facciamo undici, abbiamo un grosso sviluppo sulla ferrovia».
Il traffico ferroviario cosa serve?
«E’ tutto export, riguarda soprattutto le navi della 2M dirette negli Stati Uniti ma anche per la linea del Sud America. I container arrivano in ferrovia pieni e noi li inviamo nei vari terminal MSC. Sono tutti contenitori, raramente capitano Heavy Lift».
Il general cargo come sta andando?
«Questo mese ha ripreso, con ottobre e novembre dovremmo fare attorno a 15 -16 mila metri cubi di merce. Abbiamo avuto tre navi che hanno caricato e abbiamo la banchina piena di macchinari. E’ tutta merce in export che arriva dalla Nuovo Pignone».
Il project cargo ha avuto ripercussioni a seguito della pandemia?
«Al momento no, non abbiamo avuto ripercussioni, ma bisogna vedere cosa succederà. Ad oggi posso dire che non abbiamo subito niente. Tanto che non abbiamo fatto ricorso alla Cassa Integrazione, penso che siamo l’unico terminal in porto a Livorno a non aver fatto ricorso alla Cassa Integrazione».
Nel 2016 l’armatore Aponte entra in società con voi al 33%, quota azionaria che è diventata il 50% tre anni fa
«Ma la società la dirigiamo noi e la portiamo avanti noi, abbiamo un socio veramente esemplare. E’ un onore e un piacere lavorare con Aponte ed essere suo socio».
Quando è stato il balzo in avanti più grande per il vostro terminal?
«All’inizio avevamo solo 100 metri quadrati, perchè non c’era la possibilità di avere delle aree in porto. Dal 1980, poichè il primo nostro cliente è stato Aldo Grimaldi di Genova, abbiamo sempre fatto container e merce varia. Inoltre dal Brasile importavamo tantissimi prodotti forestali, facevamo rotoli di craft e contenitori. La nostra prima gru l’abbiamo comprata sulle navi di Grimaldi per fare i container.
Non ho mai tolto un contenitore ad un concorrente livornese, tutto quello che abbiamo fatto è sempre stato fatto prendendo il traffico dagli armatori ma sempre in altri porti. Per noi l’erba del vicino è sempre stata amara».
Tutti i ricorsi al Tar che hanno coinvolto il porto di Livorno, guardano al futuro sviluppo della Darsena Europa
“Ovviamente, come dicevo Livorno si deve preparare piano piano alla Darsena Europa, costruire dialogo e prospettive, altrimenti non è possible avere i volumi necessari. Significa ricevere nuove navi che portano più container. Nuove linee è difficile perchè oggi facciamo già tutte le linee di MSC: Sud America, Nord America, Stati Uniti, Africa. L’unica che non facciamo è quella per l’Australia. La prospettiva è quella delle navi con più volumi».
Integrazione verticale, gli armatori scendono a terra e coprono spazi nella catena logistica, come commenta?
«Quando abbiamo scelto di far scendere l’armatore a terra, è stata una scelta giusta per il modo in cui lo abbiamo fatto, ovvero con un mix di imprenditoria storica locale e la loro presenza. Se così non fosse stato, sarebbe sceso ugualmente, ma senza legami e occhi/orecchie del territorio. Nella gestione, come abbiamo fatto noi, l’armatore porta sicuramente ricchezza al porto e alla città. I fondi sono importanti, ma sono solo fondi economici. La differenza è che l’armatore ha la merce ed è un partner “industriale”, del settore. I fondi invece guardano solo alla rendita del proprio investimento. Noi abbiamo bisogno della merce, non della finanza».
Voi siete una mosca bianca nel panorama terminalistico nazionale e internazionale. Sono veramente poche le famiglie di terminalisti storici che resistono all’interno delle grandi società.
«Avevamo capito tutti che da solo nessuno poteva andare avanti. Avevo cercato di fare accordi a livello locale, raggruppando gli imprenditori locali, però non sono stato ascoltato. Poi ho incontrato altri soggetti, ma non ci hanno dato le necessarie garanzie di sopravvivenza e di sviluppo per la nostra azienda e per tutti i dipendenti. Invece MSC mi ha dato queste garanzie, ho fatto l’accordo in 15 minuti. Oggi siamo qui, contentissimi di gestire questa impresa e MSC è contentissima di noi».
Enio Lorenzini, qualche primavera sulle spalle, ma l’entusiasmo con cui parla del terminal, dei traffici e del porto è quello di un ragazzo. L’entusiasmo per esempio con cui descrive lo yacht che è in fase di movimentazione in banchina e, a noi che siamo dall’altro capo del telefono, quello yacht ci sembra quasi di vederlo.