Riforma porti, Rixi: “Cambiare le regole e agevolare l’investimento privato”

La visione di una riforma dei porti espressa dal vice ministro Rixi: "Bisogna cambiare le regole e dare la possibilità agli investimenti privati di essere indirizzati verso una visione a livello nazionale che ci consenta di essere competitivi sui mari del mondo”.
Edoardo Rixi

ROMA – “1994-2024: 30 anni insieme nei porti. Le Autorità di sistema portuali e il Comando generale delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera a 30 anni dalla legge di riforma portuale”. E’ questo il tema della Tavola rotonda che si è svolta stamani presso la Camera dei Deputati, Aula dei Gruppi parlamentari, promossa da Assoporti e dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto.

Giampieri Carlone

 

Il vice ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Eoardo Rixi, è intervenuto in apertura tracciando una visione di una riforma della legge portuale 84/’94 e del suo successivo aggiornamento.

Un sistema portuale che guardi al mondo

“Una visione di tagliando, dopo 30 anni” – ha detto Rixi – “per un sistema portuale che guardi al mondo e non solo al Paese e alle realtà nazionali” – Di qui la necessità di “passare da una riforma che in passato guardava agli interessi esclusivi del nostro Paese, a riforme che oggi abbiano una proiezione estera indicando il nostro Paese come un hub continentale su cui fare convergere investimenti importanti, gestiti con un controllo pubblico che stia attento all’importanza caratteristica del nostro territorio”.

Gli investimenti privati

Lo dice chiaramente Rixi, ritornando più volte e con forza sulla necessità di attrazione di investimenti privati, tema su cui in passato aveva espresso minore entusiasmo, sebbene auspicando sempre ad “una crescita di capacità di investimento anche da parte del pubblico”.

“Dopo la crisi in Ucraina” – ha detto il rappresentante del governo – “sui nostri scali sono aumentati gli investimenti privati e anche di chi prima investiva nel Nord Europa, oppure di chi guardava all’area Baltica. E’ cambiata la catena di approvvigionamento del nostro sistema industriale” – “Abbiamo bisogno di cambiare le regole e dare la possibilità agli investimenti privati di essere indirizzati verso una visione a livello nazionale che ci consenta di essere competitivi sui mari del mondo”.

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Il modello a cui sottende, come già ribadito in altre occasioni, è quello “specifico nazionale” – “che non può essere copiato da altre realtà europee”. Non entrando nel dettaglio del modello di governance per le Autorità di sistema portuale.

La riforma del modello pubblico passa attraverso la necessità di avere “una maggiore capacità di investimenti, di semplificazione dei processi, di digitalizzazione del sistema” – Nello specifico: “incrementare gli sforzi della Guardia Costiera sul sistema nazionale dei porti anche nell’ottica dei nuovi investimenti energetici che nasceranno davanti ai nostri porti”.

Quali i settori su cui coinvolgere gli investimenti:

“Incrementare gli sforzi sul mare” – ha detto il vice ministro – “nella cantieristica, della nautica da diporto e delle grandi navi, settori in cui l’Italia è un’eccellenza. Ma anche la necessità di collegare i territori allo sviluppo portuale”.

Rispetto a 30 anni fa “oggi il sistema è più dinamico e gli investimenti più consistenti, -ha spiegato – “ma c’è una necessità che il governo trovi la sintesi nei prossimi mesi per individuare gli obiettivi per rilanciare il sistema nazionale, nell’ottica di aumentarne la capacità logistica, di indirizzarne i flussi di investimento e di agevolarne l’investimento privato”.

Così sulla logistica Rixi ha espresso la necessità di un “maggiore controllo delle linee logistiche” – anche rendendo “più flessibile la struttura dei porti e avere proiezioni all’estero con investimenti nei porti di origine e non solo in quelli di destinazione delle merci”.

Per disegnare quindi un sistema logistico dove i “Dry- port dell’interno devono avere la stessa gestione dei porti. Le esperienze di Spezia e Trieste fanno capire come gli scali italiani senza interporti che abbiano la gestione sincronizzata, rischiano di essere sottodimensionati”.

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In chiusura il vice ministro elenca tra i problemi da affrontare nella riforma: “la mancanza di sincronia tra i vari ministeri da cui dipendono i temi del lavoro portuale, della cantieristica e dell’industria portuale” –  con effetti – “di lungaggine burocratica degna di un paese bizantino. Nel 2024, non è più accettabile!”.

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