Assemblea Federagenti, Santi: «L’Italia si chieda se vuole continuare ad essere porto»

Alessandro Santi

E’ la domanda provocatoria che il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, lancia all’Assemblea Generale, platea da dove formula l’idea di “un Gabinetto di guerra in tempo di pace” –

Lucia Nappi

VENEZIA – «Il fine di una imbarcazione è arrivare ad un porto e non navigare, così se noi perdiamo il senso di quanto la portualità e i porti possano essere la chiave di lettura per la ripresa del nostro sistema economico, sarebbe un grandissimo errore nel quale non dobbiamo cadere».
E’ la premessa che il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, rivolge all’Assemblea Generale della Federazione degli agenti marittimi, riunita all’Hotel Excelsior del Lido di Venezia.
I porti asse strategico per l’economia del Paese su cui si giocano le sorti economiche della ripresa. «L’Italia  si deve chiedere se vuole continuare ad essere porto» è la domanda provocatoria che il presidente di Federagenti lancia alla platea- Da qui il titolo dell’Assemblea “L’Italia è porto solo se…”

«L’Italia potrebbe non riuscire ad utilizzare i fondi del PNRR e, di nuovo saremmo considerati il Paese che non sa utilizzare i fondi» – sottolinea il numero uno di Federagenti- «inoltre potremmo non essere in grado di spendere i fondi con una tempistica dovuta». Questi sono i rischi in cui incorre il nostro Paese.

Le richieste al governo, i quattro Pilastri

Al governo l’Assemblea per voce del suo presidente chiede il ricorso allo snellimento della burocrazia, uno dei quattro dei quattro pilastri su cui basare la politica del Paese – Elenca Santi: «al primo è una visione strategica sul Mediterraneo perché operiamo in un Mare nostrum in cui stentatamente ci facciamo sentire. Poi c’è la questione della transizione ecologica da gestire con attenzione. Terzo punto le infrastrutture: l’accessibilità nautica con i dragaggi dei porti, e l’accessibilità terrestre» –  In ultimo quindi lo snellimento delle procedure.

Da qui l’idea lanciata dal presidente di federagenti per un «Gabinetto di guerra in tempo di pace» – «Una struttura che, rispetto al singolo commissario, dovrebbe avere la capacità di dipendere direttamente dal presidente del Consiglio, mettere insieme gli otto ministeri che in questo momento coinvolgono la portualità e la logistica». Lo spiega il presidente di Federagenti intervenuto per Corriere marittimo, a margine dell’Assemblea: «Con gli stessi poteri che aveva Bucci, per rendere spedito e automatico il sistema e non intervenire di volta in volta come una soluzione ad hoc».

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Alessandro Santi«Noi siamo in una condizione in cui il nostro apparato normativo, per svolgere il suo mestiere, ha bisogno di tantissimi commissari, vuol dire che o riformiamo il sistema o saremo sempre soggetti ad avere una proliferazione di commissari. Ma sono troppi e non è l’approccio corretto, cerchiamo di semplificare».

Il sindaco di Genova, intervenuto in apertura dell’Assemblea sul tema della sburocratizzazione, ha parlato del miracolo Genova come modello replicabile: «deve essere abolita la sequenzialità, i passaggi burocratici devono essere svolti in parallelo, mentre il controllo deve avvenire in tempo reale» – ha detto Bucci – «un approccio con tecniche di project management e tecnologie avanzate, che gli altri Paesi utilizzano e per i quali funzionano» – ma anche l’assunzione di responsabilità da parte dei soggetti che guidano il processo nella Pubblica Amministrazione, con una nuova capacità di leadership, così come nel settore privato.

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PNRR, ha detto la presidente della Commissione Trasporti della Camera, Raffaella Paita, i fondi che dobbiamo spendere, non ci verranno dati se non mettiamo i cantieri a terra. Tempi stretti, l’Italia ce la farà?

«Ce la dobbiamo fare abbiamo. Bisogna fare azione comune abbiamo lanciato il concetto come cluster di essere parti attiva assieme al governo, a cui chiediamo di metter a regime i quattro pilastri e insieme presentarci uniti su questi parametri e non essere un cluster diviso dove ciascuno porta la sua istanza».

L’Italia “Porto diffuso” che però non riescie a competere come piattaforma logistica?

«Il modo per approcciare portualità e la logistica deve essere volare alto. Partire da una visione globale per capire i veri problemi. L’Italia è un porto diffuso che lavora abbastanza bene per la manifattura, ma verso l’esterno siamo in gravissima difficoltà. Siamo un porto-Italia che non riesce a competere con la Germania ed i porto olandesi, non come confronto del singolo porto, ma rapportandoci come la piattaforma logistica che non riusciamo ad essere e, che dovremmo essere per sviluppare i traffici e crescere, rispetto ad una stagnazione del mercato ed alla capacità della portualità a livello italiano».

Transizione energetica e competizione globale sono i fattori che ci accopagneranno nel futuro?

«La nuova normalità verso la quale transitiamo, vede protagonista la transizione ecologica inserita in un sistema di competizione, non solo economica ma è una competizione di diverso tipo, che guarda a fenomeni di soft power e competizione politica, che può essere anche militare (hard power)».

«La transizione ci accompagnerà per i prossimi anni, il professor Sapelli» – intervenuto nel corso dell’Assemblea – «ha parlato di transizione che ci accompagnerà per un secolo, ma noi vogliamo essere non così negativi. La transizione ecologica ed energetica se non viene gestita in maniera appropriata potrebbe creare delle disurption, ovvero delle discontinuità estremamente forti, sia a livello di armatori e quindi di navi, ma anche a livello di porti e di terminal. La ricerca assoluta di trasferirci verso energie pulite ci porta a dipendere dai Paesi fornitori e,  fondamentalmente in questo momento è la Cina che è un continente privo di materie prime, ma che ha il monopolio del controllo del processo di materie prime come il litio, il cobalto e le terre rare».

Santi mette in guardia rispetto a un meccanismo di transizione ambientale distorto: «Noi dovremmo affrontare una transizione ecologica, per esempio per le batterie al litio, dipendendo dalla Cina che, non avendo risorse energetiche, compra il carbone e costruisce nuovi centrali elettriche. L’Europa si trova nella condizione di produrre l’8% di CO2, mentre Cina e Stati Uniti continuano a produrre CO2 per permettere a noi di poter fare la transizione energetica. C’è qualcosa che non va e l’opinione pubblica se ne rende conto».

Green pass – L’annunciato venerdì nero per i porti, non è stato tale, al contrario sono arrivati messaggi d’intesa e collaborazione tra portuali, terminalisti e istituzioni.

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«L’Assemblea»  – che si è svolta il 15 ottobre  – «è iniziata profilando la possibilità di un black friday» – Penso a quelloche abbiamo fatto ildal 9 marzo 2020 quando i porti sono stati chiusi  eravamo senza mascherine e in condizioni pietose. Noi agenti marittimi abbiamo spinto affinchè ogni forma di protezione venisse messa in atto. Oggi vedere alcune posizioni, ci sembrano non responsabili. I porti oggi sono balzati nella centralità della stampa e dell’opinione pubblica è un rammarico che ci si sia accorti troppo tardi quanto siano importanti porti e logistica e capire la loro particolarità, prima di trovarci in situazioni di questo genere. Se ci fosse stato un dialogo più proattivo, probabilmente avremmo anche evitato di finire al centro di questo trambusto quotidiano».

 

 

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