Grandi Yacht tra opportunità e prospettive. Presentata ricerca di Risposte Turismo commissionata dall’AdSP del Mar Tirreno Centrale condotta sulle unità superiori ai 50 metri. La Campania al tavolo del diportismo di lusso –
di Giovanni Grande
NAPOLI – I fenomeni di crescita della polarizzazione della ricchezza che caratterizzano questo primo scorcio di secolo inducono i decisori pubblici ad analizzare in modo adeguato le ricadute sul territorio per le attività ad altissimo valore aggiunto. Caratterizzato da beni posizionali per eccellenza il settore dei giga e mega yacht rientra perfettamente nella casistica, rappresentando uno dei segmenti più ricchi di opportunità di un comparto estremamente variegato come è quello del diporto.
E’ a partire da queste considerazione che l’AdSP del Mar Tirreno Centrale ha commissionato a Risposte Turismo uno studio sul campo presentato nel corso del convegno “I Grandi Yacht e i porti della nuova AdSP: le ricadute economiche e le prospettive”.
Una ricerca condotta specificamente sulle unità con una lunghezza superiore ai 50 metri, considerata dal presidente del’AdSP del Mar Tirreno centrale, Pietro Spirito, “un primo passo verso il completamento della gamma dell’offerta turistica sul territorio campano”. Un mercato poco conosciuto, sostenuto da una crescita robusta ma che deve essere supportato con un segmento di servizi adeguati che non può limitarsi alla mera dotazione infrastrutturale. “Bisogna lavorare – sottolinea Spirito – sulle asimmetrie incrociate tipiche di un sistema portuale come quello campano: da una parte gli alti numeri del traffico crocieristico con il loro basso valore aggiunto, dall’altro i numeri risicati dei giga e mega yacht che si accompagnano invece con un altissimo valore aggiunto. È da qui che devono partire le azioni di lungo termine per determinare l’offerta qualitativa del territorio che deve puntare, ad esempio, a soddisfare le condizioni per rendere possibile la permanenza invernale”.
Grandi, come le imbarcazioni di cui si parla, le cifre del rapporto di Risposte Turismo: il numero di unità superiori ai 50 metri è raddoppiato negli ultimi 10 anni raggiungendo nel 2017 una quota pari al 13% della flotta mondiale di yacht; quasi 4mila (3.900) le giornate di permanenza nell’area campana con oltre 1.700 giornate di ormeggi in banchina; una spesa diretta complessiva di 30,4 milioni di euro di cui 11.500 euro in spese dirette per ogni accosto, 6,4 milioni per intrattenimento e 4,6 milioni per shopping. “Tenendo conto degli effetti indiretti ed indotti che si estendono sull’intero Paese, l’attività sviluppata nel golfo genera 54,58 milioni di euro e attiva oltre 400 unità di lavoro (che implicano 9,4 milioni di euro in redditi da lavoro)”.
Francesco di Cesare, presidente di Risposte Turismo, ha spiegato: “Il settore dei grandi yacht in Campania può contare già oggi su un qualificato sistema di offerta fatto di strutture di accoglienza e servizi. Un fenomeno che vale oltre 30 milioni di spese dirette e un ulteriore effetto indiretto e indotto, e che coinvolge molte imprese e professionisti, talvolta non così intuitivamente accostabili alla nautica da diporto. Yacht da 50 metri in su richiedono spazi dedicati, una cantieristica specializzata, servizi turistici di altissimo livello: per essere sempre più base di partenza degli itinerari e tappa frequente all’interno degli stessi, la Campania – e in particolare l’area di competenza della Autorità di Sistema Portuale – deve impegnarsi, con il contributo della parte pubblica e delle aziende private, nel colmare alcuni gap che ancora separano ciò che questo genere di domanda vorrebbe da ciò che riesce ad ottenere. Un percorso non impossibile, ma certo necessario da avviare per sfruttare al meglio le enormi potenzialità e incrementare ulteriormente il già buon risultato di traffico e di ricaduta economica.”
Svariati i punti di debolezza da perfezionare secondo la ricerca: lentezza negli adeguamenti di fondali e banchine, aree marine protette senza possibilità di approdo in rada, obblighi tecnico nautici, carenza di eventi, limiti per una soddisfacente accoglienza degli equipaggi internazionali nel periodo invernale.Criticità cui si aggiungono, secondo Roberto Neglia, rappresentante rapporti istituzionali di Ucina, “la volatilità di questo particolare mercato” e tutta la serie di mancanze generalizzate del comparto diportistico italiano: dalla questione fiscale a quella dei controlli, dalle concessioni demaniali alla mancanza delle norme attuative del nuovo codice della nautica. Fino alla difficoltà a reperire personale navigante italiano. “Abbiamo recepito le norme internazionali sul lavoro marittimo nel loro significato più restrittivo. Per formare personale specializzato in Italia occorre il triplo del tempo che in Inghilterra”.
In che modo creare condizioni più favorevoli? Per Roberto Perocchio, presidente Assomarinas, una soluzione potrebbe essere consistere nella creazione di distretti regionali, “meccanismo in grado di tutelare e assistere gli enormi investimenti che l’attività richiede”. “Ci aspettiamo, inoltre, una risposta definitiva del governo sulla questione delle concessioni messe in discussioni dalla direttiva europea in tema”, condizione considerata necessaria per mettere in campo tutte le azioni per assicurare il futuro del settore.
“Sino ad oggi – conclude Spirito – ciò che ha reso competitivi i porti della Campania è stato prevalentemente il valore naturalistico delle nostre coste. La bellezza però non basta e nonostante l’impegno degli operatori bisognerà operare su alcuni punti: ottimizzazione delle infrastrutture esistenti, destagionalizzazione, creazione di una rete tra gli operatori e di un ‘brand Campania, investimenti in formazione perché abbiamo bisogno anche di comandanti italiani per sfruttare ulteriormente l’attrattività della nostra regione”.