Lavoro portuale, sicurezza: Gli ormeggiatori fanno la loro parte

Marco Mandirola presidente dell’associazione mondiale degli ormeggiatori (IBLA)- incontrato a margine del convegno nazionale di Angopi- illustra la discussione sulla revisione Solas: “ormeggiatori come sentinelle della safety in banchina”.

di Giovanni Grande

NAPOLI – L’adesione degli ormeggiatori del porto di Colon prevista per il prossimo settembre e la discussione in sede IMO della revisione del regolamento Solas. Sono gli appuntamenti principali fissati da Marco Mandirola, presidente di IBLA – International Boatmen’s Linesmen’s Association, organizzazione nata nel 2006 a Ravenna con lo scopo di favorire lo scambio di informazioni, esperienze e competenze nel settore delle attività tecnico nautiche. “L’obiettivo principale del nostro impegno è quello di fare leva sui contatti transnazionali – spiega Mandirola – per rendere omogenee le istanze e ridurre la tendenza a mettere in secondo piano i temi del rispetto delle regole e dei diritti primari”. La strada per evitare lo stillicidio di morti sul lavoro, per IBLA, passa anche dalla definizione di standard minimi e vincolanti a livello globale. “Dalla rappresentazione delle problematiche di sicurezza legate all’ultimo tratto di navigazione, quello che in porto si svolge in spazi sempre più ristretti e trafficati”. Un obiettivo che IBLA sta perseguendo coinvolgendo i gruppi di ormeggiatori di tutto il mondo.

A che punto è la campagna adesioni?
In occasione della nostra Assemblea di settembre renderemo ufficiale l’affiliazione degli ormeggiatori del porto di Colon, a Panama. Un risultato importante, considerando il peso della bandiera centroamericana nel settore dello shipping. Continueremo il paziente lavoro di cucitura a livello internazionale.

Ad oggi, con 25 membri, copriamo già la quasi totalità delle società europee, potendo contare su importanti rappresentanze operative nel continente americano, in Nord Africa e Medio Oriente. Siamo ancora carenti sul fronte asiatico.

Perché?
Scontiamo un certo grado di diffidenza dovuto ai differenti modelli organizzativi. Il servizio è gestito quasi sempre direttamente dal terminal ed è difficile individuare un interlocutore con cui cominciare a costruire un dialogo.

Su cosa sta lavorando concretamente IBLA a livello internazionale?
Abbiamo lavorato proficuamente in ambito IMO alla revisione del regolamento Solas: sia per l’adozione di standard universali, sia per il riconoscimento della specificità del ruolo dell’ormeggiatore. Nella plenaria del prossimo gennaio saranno votati punti importanti, che riconoscono le nostre linee guida varate nel 2016. Uno di questi riguarda la manutenzione e la verifica dello stato dei cavi di ormeggio: abbiamo le conoscenze sufficienti per capire se un’attrezzatura va sostituita o meno ponendoci nel ruolo di interfaccia per la segnalazione di avarie presso l’autorità marittima.

L’ormeggiatore come figura che concorre alla sicurezza portuale?
Senza dubbio. Non per caso sarà vagliata anche una misura che ci vede tra i soggetti abilitati a determinare le aree di sicurezza attorno alle bitte. Sempre più, nell’accelerazione delle operazioni portuali, assistiamo al non rispetto degli spazi adibiti all’attracco delle navi. In situazioni in cui pochi metri possono fare la differenza, ci troviamo a lavorare in condizioni non ottimali, come degli equilibristi. L’obiettivo che perseguiamo è garantire il più possibile margini di sicurezza. Per noi e per gli altri operatori portuali.

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