ROMA – Decarbonizzazione trasporto marittimo ro-ro-pax – «Se le emissioni di CO2, prodotte dalla flotta dei traghetti battenti bandiera italiana, non dovessero variare al 2026 il 73% della flotta rischia di non essere potenzialmente più autorizzabile alla navigazione». In tutto 73 navi ro-ro-pax con un’età media tra i 25 e i 35 anni che effettuano collegamenti di lungo e corto con le isole maggiori e minori, ma anche i servizi delle Autostrade del Mare. Unità che, nonostante, un’età media relativamente alta hanno ancora una vita residua piuttosto elevata.
E’ quanto emerso dallo studio realizzato da RINA per Assarmatori, presentato in conferenza stampa dal presidente dell’Associazione armatoriale, Stefano Messina e dall’amministratore delegato di RINA, Ugo Salerno, incontro moderato dal giornalista Pietro Roth. La ricerca va a verificare l’impatto che le misure di breve termine istituite dall’IMO, potrebbero avere sulla flotta italiana dei traghetti da passeggeri. Ad illustrane i risultai per il RINA, l’ing. Andrea Cogliolo.
(da sin. Allieri, Cogliolo)
Gli obiettivi IMO
L’IMO definisce obiettivi di decarbonizzazione e misure di breve, medio e lungo termine, rispetto ai livelli del 2008.
• la riduzione di CO2 emessa per unità di carico trasportato del 40% entro il 2030;
• la riduzione di C02 emessa per unità di carico trasportato del 70% entro il 2050:
• Riduzione globale di GHG (gas serra) del 50% entro il 2050.
Lo studio, in particolare, prende in esame la misura CII (CARBON INDEX INDICATOR) – che analizza la massa di CO2 emessa e la capacità di lavoro della nave (stazza lorda nave) moltiplicata per le miglia navigate.
L’indicatore, tuttavia, non descrive alcuni altri elementi come: il comportamento della nave ferma nel porto e il carico trasportato, il maggior carico determina l’incremento di C02. Elementi che sono importanti per la definizione del livello di C02 della nave.
Lo studio prende in esame le emissioni dei traghetti di bandiera italiana, che effettuano traffici nei porti italiani (dati pubblici richiesti dalla Comunità Europea relativi al 2019). E le previsioni di come sarebbero classificate queste navi a partire dal 2023, anno di entrata in vigore della normativa, e poi nelle annualità successive 2025 -2026.
Nel grafico che segue viene mostrato il “campo di battaglia” – il frame work – delle navi e quali sarebbe la simulazione del rating CII al 2023, i dati si riferiscono al 2019.
Nel grafico ai traghetti viene attribuito un rating da A a E, in cui la prima fascia, “rating A” di colore verde, raggruppa le navi con le migliori prestazioni in termini di emissioni di anidride carbonica rispetto alle miglia percorse. Mentre l’ultima (colore rosso rating E) quelle con le prestazioni peggiori.
L’analisi ha evidenziato che a partire dal prossimo anno:
• Più del 23% dei traghetti italiani risulta in ultima fascia (rosso – rating E) e non in grado di ottemperare alla norma.
• Il 40% necessiterebbe di interventi radicali atti a migliorare l’efficienza energetica nel breve termine (arancio – rating D).
• Solo il 37% del naviglio sarebbe in grado di rispettare i requisiti senza l’adozione di ulteriori misure (rating A-B-C).
Sosta in porto, emissioni
Lo studio analizza inoltre le emissioni delle navi – includendo ed escludendo – le emissioni emesse in porto, mostrando che l’efficienza energetica della flotta peggiora se si considerano le navi ferme nei porti. Questo elemento suggerisce l’importanza di individuare un fattore correttivo dedicato o un aggiustamento dei parametri di calcolo delle emissioni attribuibili al viaggio e alla relativa sosta.
Considerando inoltre che il CII richiesto per mantenere la conformità avrà valori sempre più stringenti nel corso dei prossimi anni, pertanto se non saranno messe in atto misure aggiuntive per migliorare l’efficienza energeticao se non sarà previsto un cambiamento del profilo operativo, senza adottare alcuna misura di miglioramento, la situazione sarà sempre più impegnativa e critica nel breve periodo.
Tanto che, come già detto, entro il 2026 il 73% della flotta italiana sarebbe difficilmente autorizzabile alla navigazione.
Tuttavia sul piano degli interventi tecnologici ancora attuabli per migliorare l’efficienza energetica della nave, questi apporterebbero un miglioramento pari al 5-6% – per esempio l’istallazione di vele fisse e lo scafo idrodinamico – «ma sarebbero interventi che non andrebbero a far guadagnare alla nave più del 5-6%» sottolinea Coglieri – «poichè le navi nel corso degli anni sono state “spremute” il più possibile dal punto di vista dell’efficientamento energetico». Gli armatori hanno infatti apportato tutti gli interventi tecnologici possibili, tale che «oggi il rapporto tra i costi materiali per affrontare ulteriori interventi e gli efficientamenti, sono ridotti a cifre che non superano il 5-6%.»
Quindi poca cosa, mentre l’intervento che porterebbe sicuramente a guadagnare più del 10% è la riduzione della velocità e della potenza del motore, ovvero il cambiamento del profilo operativo della nave, tema affrontato durante l’incontro oltre che da Cogliolo, dal referente di Assarmatori, Enrico Allieri che ha introdotto lo studio sull’impatto del pacchetto Fit for 55 sul trasporto marittimo dei traghetti.
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Pertanto conclude lo studio: «La mancata adozione di correzioni in tal senso, porterebbe a metterea rischio il trasporto marittimo di merci e persone a mezzo di naviro-ro, senza generare un reale beneficioin termini di efficientamentoin termini assoluti».
Lucia Nappi