Dal convegno annuale di Angopi, l’associazione nazionale degli ormeggiatori dei porti italiani, svolto a Napoli viene lanciato il monito: “Solo con il controllo pubblico i porti possono generare ricchezza” – Cesare Guidi, presidente Angopi: “I porti devono restare pubblici e non privati, non devono andare in mano a stranieri, così anche i servizi svolti sulle banchine”.
di Lucia Nappi
NAPOLI– Nel settore portuale la componente pubblica è importante però solo se collegata alla snellezza operativa, tale da rendere i porti nazionali competitivi con quelli del Mediterraneo e d’Europa in generale. Questo vale ancora di più nella componente del lavoro dei servizi tecnici nautici, di cui quella degli ormeggiatori è una componente importante ai fini del corretto e sicuro svolgimento delle operazioni delle navi nei porti.
Questo il quadro emerso dal convegno nazionale di Angopi (Associazione nazionale gruppi di ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani) svolto a Napoli nella cornice storica di Castel dell’Ovo, sul tema “Controllo pubblico e snellezza operativa nei porti”.
Sono intervenuti all’evento i rappresentanti delle istituzioni: il sindaco Luigi De Magistris, il direttore marittimo Arturo Faraone, il presidente dell’AdSP Pietro Spirito, l’assessore Regionale Fulvio Bonavitacola. Per il cluster marittimo e portuale: il presidente di Confitarma Mario Mattioli, il segretario generale di Assoporti Franco Mariani, in rappresentanza di Conftrasporto-Assarmatori Luigi Merlo e il comandante generale della Guardia Costiera Giovanni Pettorino. Ad accoglierli il presidente di Angopi, Cesare Guidi, da 15 anni alla guida dell’associazione e appena riconfermato nel ruolo per il prossimo triennio.
L’Italia ricava dal comparto dell’economia marittima e portuale il 2,7% del PIL facendo lavorare mezzo milione di persone, questi numeri messi in luce dall’assemblea, di qui l’importanza del settore: “La nuova legislatura dovrà interessarsi alla materia” ha pertanto sottolineato Guidi nella sua relazione introduttiva, “credo che andrà fatto con continuità con il passato”. La strategia è quindi la crescita, da qui le istanze al governo di neo istituzione e al ministro Danilo Toninelli. Il ministero delle Infrastrutture e Trasporti della precedente legislatura, guidato da Delrio, con la legge di riforma portuale (agosto 2016) è stato trasversalmente riconosciuto come uno dei più produttivi degli ultimi decenni, per aver definito la nuova struttura gestionale e amministrativa della portualità, integrata alla visione di una pianificazione logistica nazionale. Molte cose fatte dal precedente dicastero, alcune da portare a termine come le Authority ancora da allineare: Gioia Tauro e Messina.
Un processo iniziato che dovrà trovare continuità, nella relazione del presidente di Angopi, ponendo in primo piano la semplificazione e la velocizzazione delle procedure amministrative che interessano le imprese operanti nei porti. Lo sviluppo di un sistema digitalizzato dei porti, la definizione di un modello unico di Port Community System nell’ambito della piattaforma logistica nazionale, lo sportello unico doganale, lo sportello unico amministrativo, il port management information system.
“Il futuro va verso pratiche amministrative poco invasive che si concentreranno sui soggetti pubblici”- dice Guidi – “Solo con il controllo pubblico i porti possono generare ricchezza“, l’esempio da non seguire è quello cinese dove il governo si è comprato i porti e le infrastrutture. “Stiamo attenti che nostri porti non facciano la fine del Pireo, venduto ai cinesi, fuggiamo le facili suggestioni delle banche cinesi. I porti devono restare pubblici e non privati, non devono andare in mano a stranieri, così anche i servizi svolti sulle banchine”. Il prossimo incontro annuale di Angopi sarà fra un anno, giugno 2019, l’assemblea sarà a Trieste, contestualmente alle assemblee delle associazioni: ormeggiatori europei (EBA) e ormeggiatori mondiali (IBA) – guidate entrambe da rappresentati italiani: Alessandro Serra e Marco Mandirola.