Rixi: Genova il ponte in 1 anno e mezzo, Livorno Darsena Europa: l’Authority ingessata nel ruolo / INTERVISTA

INTERVISTA a Edoardo Rixi viceministro MIT: “Il ponte di Genova in 1 anno e mezzo” – Le grandi opere in italia ingessate – “Le Autorità portuali non sono reattive i presidenti sono ruoli completamente ingessati”. Difficili anche le opere minori come i dragaggi dei porti.

di Lucia Nappi

ROMA –Ci vorrà un anno, un anno e mezzo per la realizzazione del ponte di Genova” – parola del vice ministro Edoardo Rixi, con delega a porti e trasporti, incontrato a Roma a margine dell’Assemblea generale di Alis – “dal momento in cui verranno aperti i cantieri, secondo il programma del Commissario straordinario (Marco Bucci n.d.r.) ci vorranno questi tempi, dipende poi dalle scelte che verranno fatte. L’assegnazione e le lettere inviate alle aziende sono proprio per contemperare a questo. Sarà una sfida, vedremo se saremo capaci a farlo”. Una tempistica quindi che è una sfida per il nostro paese, il tema demolizione e ricostruzione del ponte Moranti, era già stato annunciato da Rixi in mattinata dal palco del conclave romano, poi affrontato con maggiori dettagli nel nostro colloquio, insieme ad altri temi strategici: la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, il dragaggio dei porti, la pressione dei competitor mediterranei, le professioni e la formazione dei marittimi.

L’Italia recupererebbe credibilità a livello internazionale ricostruendo il ponte in questi tempi?

“Si, sarebbe un grande faro che partirebbe proprio da Genova, sulla capacità dell’Italia di affrontare questa situazione. L’Italia nelle situazioni emergenziali è abbastanza efficiente, con la buona volontà da parte di tutti e se non c’è qualcuno che invece di aiutare guarda.”

Sul tema delle grandi infrastrutture nei porti italiani si respira la sensazione che ci sia stato uno stop da parte del governo. Nei giorni scorsi è stato pubblicato il bando di gara della nuova diga foranea del porto di Genova per l’affidamento della progettazione di fattibilità tecnica ed economica. Si tratta dell’infrastruttura che permetterà il transito nel porto di navi di ultima generazione, fino a 22mila TEU.  Per Livorno la Darsena Europa a che punto è?

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“Abbiamo incontrato il presidente dell’Autorità portuale di Livorno la scorsa settimana,  andremo ad individuare le priorità, con gli indirizzi dell’Autorità e dei territori, in collaborazione. C’è stato l’evento di Genova che ha paralizzato e focalizzato le attenzioni. In realtà si sta andando a discutere su altre grandi opere, ma dobbiamo andare a migliorare i tempi di reazione, lo deve fare la pubblica amministrazione. Le Autorità portuali non sono reattive non per la mancanza della volontà dei presidenti, ma perché sono delle figure e ruoli completamente ingessati. Anche nelle opere più semplici come i dragaggi, in realtà anche queste sono tra le opere più complicate, riuscire a dragare un porto è una delle cose più complicate. Aumentano le dimensioni delle navi, e i pescaggi, diminuiscono le profondità dei fondali che necessitano costantemente dragaggi. Noi abbiamo scali che tra 5 /10 anni rischiano di non essere più utilizzabili. Inoltre focalizzare a livello nazionale chi fa che cosa, altrimenti rischiamo di fare come il maxi bacino a Genova, che poi è stato venduto sottoprezzo ai Turchi, per poi oggi rimpiangerlo dopo avere speso una marea di soldi. Ci vuole una programmazione a livello nazionale e le autorità devono mettere in evidenza le loro priorità perché sia inserito nella road map delle risorse annuali.

Il solito problema che ci affligge: troppi progetti ma non cantierabili?

“Abbiamo una marea di finanziamenti non utilizzabili, fermi da 10/15 anni, abbiamo linee ferroviarie e ponti fermi parzialmente finanziati ma non in grado di far partire gli appalti perché, finché non c’è il pieno finanziamento del lotto il finanziamento non parte. Quindi è necessario puntare su 2/3 progetti ogni anno e completarli. Altrimenti rischiamo di aprire molti cantieri che non vedranno mai la fine. Abbiamo un codice degli appalti che va rivisto ma la locazione ottimale delle risorse disponibili è un elemento che può far cambiare la percezione. Non mancano i soldi li dobbiamo riprogrammare e dare delle priorità.”

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“Il problema è che si dovrà poi vedere quando questi Teu raggiungeranno le banchine quali saranno i tempi di movimentazione, c’è un rischio concreto di tilt delle banchine e della logistica circostante, quindi del sistema, come è avvenuto a Genova”.

Nel settore marittimo la formazione rimane un elemento debole per la nostra nazione, con quali conseguenze e cosa è possibile fare?

“La consistenza delle flotte nazionali, traghetti e cargo, avrà un incremento mostruoso. La prospettiva di impiego avrà un incremento di circa 35 mila nuovi marittimi, ma non abbiamo formazione. Gli studenti che escono dal Nautico non hanno i titoli per navigare, sono necessarie 500 ore di corso a spese proprie. Per un armatore è più facile quindi prendere un filippino che in tre giorni prende l’abilitazione. Gli armatori nazionali si sono consorziati ed hanno fatto scuole ma queste hanno un numero di accessi limitati. In un mercato che è in esplosione, noi dovremmo indirizzare i giovani nei filoni economici che prevediamo in crescita, fare una formazione pubblica almeno per i titoli iniziali abilitativi per la gente di mare.
Anche la nautica da diporto è un settore in grande espansione: Nel Mediterraneo è presente il 60% dei maxi yacht a livello mondiale, un comandante guadagna come un deputato, ma da noi non esiste una formazione per gli equipaggi. Questo settore potrebbe dare occupazione a centinaia o migliaia di giovani nei vari ruoli. Non c’è un coordinamento pubblico per questo mercato che sta esplodendo”.

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