Il progetto Darsena Europa si troverebbe da diversi mesi negli interessi di un investitore estero. Tuttavia il “potenziale acquirente” sembra abbia evidenziato delle perplessità, che potrebbero far distogliere la sua attenzione altrove.
di Lucia Nappi
LIVORNO – “La Darsena Europa si farà se la comunità degli operatori livornese sarà coesa nel volerla, iniziando dal rispetto delle premesse del Piano Regolatore che la ha generata. Nessun gruppo privato investirà centinaia di milioni di Euro senza questa condizione. Darsena Europa è la condizione essenziale perché il porto di Livorno resti fedele alla sua grande tradizione di porto internazionale.” Queste le valutazioni di Luca Becce sul profilo Facebook di Corriere marittimo. Becce, dal 2013 al 2017 amministratore delegato di Terminal Darsena Toscana, poi in GIP con la responsabilità del progetto Darsena Europa oggi amministratore delegato in Slam sotto le insegne del gruppo Negri.
Il commento di Becce è arrivato in merito all’intervista ad Enrico Bonistalli, da noi pubblicata il 12 luglio. In questa il presidente di Asamar interveniva sul provvedimento della Capitaneria di Porto di Livorno con il quale è stato ridotto l’obbligo del secondo pilota nel porto. Ordinanza che ha ridefinito ulteriormente l’offerta dei servizi tecnico nautici per acquisire maggiore competitività sul mercato, in attesa che si compia la Maxi Darsena e Piattaforma Europa – “Non si può fare altro”, sottolineava Bonistalli in merito.
Tornando al commento di Becce non si può che convenire con questa analisi, tuttavia aggiungendo una notizia. Secondo persone bene informate sui fatti e vicine al dossier, sembrerebbe che Livorno si troverebbe da diversi mesi sotto la lente d’ingrandimento di un potenziale investitore estero, che ha studiato con attenzione il progetto Darsena Europa e le evoluzioni infrastrutturali della sua Piattaforma.
Tuttavia sembrerebbe che il potenziale acquirente abbia evidenziato un elemento di fragilità che potrebbe far distogliere la sua attenzione altrove. Le “perplessità”, se così si possono chiamare, riguardano la difficoltà ad individuare “un interlocutore unico e non politico” con cui “trattare“.
O meglio, la difficoltà proverrebbe dal rifiuto di trattare con soggetti politici: “In Italia i politici stanno qualche anno, poi passano, a chi ci riferiremo noi quando il politico di turno non ci sarà più” in definiva sembra che l’interlocutrore abbia detto questo.
Pertanto trattandosi di un progetto che presuppone l’investimento di centinaia di milioni, l’impegno temporale assunto, da colui che se ne volesse far carico, andrebbe sicuramente al di là della durata di un qualsiasi continuità politica di governo, di ministro e di ruoli espressione di volontà e scelte politiche predominanti.
Sicuramente le vicende di cronaca, che vedono l’ente portuale di Livorno impantanato da diversi mesi nella complessa vicenda legale-burocratica della concessione delle banchine, non aiutano. Ma trattandosi di fase transitoria, prima o poi la questione dovrà arrivare al termine, sperando che si tratti di ” happy end”.
Per il resto in merito all’acquirente, per il momento “potenziale“, ancora TOP SECRET. Se questi sia un privato, un fondo internazionale, un attore primario dello shipping o uno Stato sovrano, non è dato saperlo.
Sebbene riflettendo sulle mosse nella scacchiera portuale globale, magari due o tre idee ce le possiamo fare. Poi guardando all’evoluzione dell’ampio progetto di espansione geo-economica Eurasiatico, forse l’idea prende una direzione, ma queste, al momento, sono solo riflessioni da cronista.