Trasporto marittimo ad “emissioni zero” e decarbonizzato è questo l’obiettivo che il settore potrà raggiungere entro il 2035. Come? Lo spiega il Rapporto dell’OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): solo grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie si potranno raggiungere questi obiettivi.
Pertanto si rende necessario arrivare ad un accordo globale sulla decarbonizzazione del trasporto marittimo. Per il momento sono schierati in prima fila schierati 44 paesi che sono i firmatari, Italia compresa, della dichiarazione di Tony de Brum, che definisce il “limite assoluto” delle emissioni di carbonio imposto al trasporto marittimo. Il settore infatti è stato escluso dall’accordo di Parigi, accordo per la definizione del piano di azione globale per contrastare i fenomeni di cambiamento climatico e limitare i rischi del surriscaldamento del pianeta.
Come evidenzia l’IMO (l‘Organizzazione marittima internazionale) se non verranno presi dei provvedimenti le emissioni di CO2 , causate dal trasporto marittimo, potrebbero aumentare fino al 250% entro il 2050, trainate dalla crescita prevista per il commercio mondiale.
Ma nonostante questo sono ancora molti i paesi che si oppongono all’Accordo globale sul clima per il settore dei trasporti e che ritengono, il “limite assoluto” delle emissioni di carbonio imposto al trasporto marittimo, un’ostacolo per il commercio globale.
I paesi non allineati sono: Argentina, Brasile, Cina, Ecuador, India, Nigeria, Arabia Saudita, Sud Africa e Turchia.
Vertice mondiale IMO (in corso a Londra):
Tutto questo è al centro del dibattito del vertice mondiale del Comitato per la protezione dell’ambiente marino dell’IMO (MEPC) che si svolge a Londra in questi giorni con l’obiettivo di stilare la prima strategia internazionale di riduzione delle emissioni marittime.
Ma la stessa IMO, la convenzione ONU nata per promuovere lo sviluppo del trasporto marittimo internazionale rendendolo più sicuro, viene accusata di non aver raggiunto i risultati prefissati e tacciata di essere poco trasparente.
Ad alzare il dito è Transparency International, l’ONG che si occupa della corruzione globale, non solo politica. L’Organizzazione denuncia crepe nella governance dell’IMO: comunicazione non trasparente, riunioni a porte chiuse, secretamento di regolamenti finanziari e processi decisionali.
Era il 1997 quando l’IMO nasceva nell’ambito del Protocollo di Kyoto, ma oggi secondo Transparency International, dopo 20 anni:di riunioni, studi e lavori i risultati sono insoddisfacenti. Si apre quindi il campo alle perplessità, che qualcosa nella governance interna all’Organizzazione non funzioni come dovrebbe.
Brice Böhmer, coordinatore del Climate Governance Integrity Program di Transparency International, spiega i motivi della mancata trasparenza nell’attività dell’Organizzazione: “Si è dovuto aspettare il 2016 affinché l’IMO concordasse una tabella di marcia verso una strategia iniziale, prevista per il 2018, e un aggiornamento della stessa, per il 2023” – dice Böhmer- “ Una struttura di governance ben funzionante dovrebbe consentire azioni decisive, ma i difetti identificati dalla nostra ricerca suggeriscono che questo non sta accadendo all’IMO perché le decisioni politiche potrebbero essere eccessivamente controllate da società private”.