Una nave su tre trasporta Oil&gas, il boom di GNL e della rotta artica – Studio SRM “Med & Italian Energy”

Una nave su tre trasporta Oil&gas: pari a 3,1 mlrd di tonn. di cui 60% petrolio e derivati e 40% gas (di cui 9,3% GNL 294 mln di tonn.) – Aumentano le distanze via mare percorse dall’Oil&gas, il boom del GNL e l’utilizzo della rotta artica. Questi i dati emersi dallo studio “Med & Italian Energy Report” sui grandi flussi energetici, presentato a Napoli da  SRM e ESL@Energy. 

di Giovanni Grande

NAPOLI – Il trasporto di rinfuse liquide rappresenta circa il 30% del traffico marittimo internazionale. In pratica una nave su tre è impiegata per la movimentazione di petrolio e derivati, gas e prodotti chimici: nel 2017 le merci oil & gas sono state 3,1 miliardi di tonnellate, delle quali il 60% crude oil e il restante gas. Con riferimento a quest’ultimo il 9,3% riguarda il trasporto di GNL (294 milioni di tonnellate) mentre il 2,8% è relativo al gas da petrolio liquefatto (LPG). Dopo un andamento con il “freno a mano” registrato nel periodo 2012-14, “il trasporto marittimo di greggio e derivati è cresciuto mediamente del 4% all’anno”. Conseguenza della “distanza” tra paesi esportatori e consumatori.

L’analisi dei grandi flussi energetici contenuta nel Med & Italian Energy Report conferma lo stretto rapporto tra blue economy e approvvigionamento delle materie prime, con una forte influenza determinata da domanda, localizzazione delle risorse e costi del carburante,tutti fattori legati non soltanto all’andamento dell’economia ma anche alle politiche industriali ed alle strategie energetiche dei paesi interessati”.

Nasce anche da queste considerazioni la collaborazione tra SRM (centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino per la stesura del primo rapporto annuale sul settore dell’energia in Italia e nel Mediterraneo, presentato a Napoli presso la Sala Assemblee di Palazzo Piacentini. Ricerca condotta con la collaborazione del Joint Research Center della Commissione Europea e la Fondazione Matching Energies e incentrata sull’esame di tre temi: rappresentazione degli scenari energetici a diversa scala geografica (globale, mediterranea e italiana); analisi dei corridoi e delle infrastrutture energetiche; investimenti cinesi nel settore lungo la BRI.

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«La competitività di un sistema paese si gioca non solo sulle capacità di fare impresa e affermarsi sui mercati con prodotti e servizi ma anche mettendo in campo know how in comparti come quelli dell’energia e della logistica marittima che per le imprese rappresentano costi ma anche driver di crescita che vanno quindi massimizzati a livello di efficienza e qualità,» ha sottolineato il presidente di SRM, Paolo Scudieri, illustrando le finalità dell’iniziativa.

Il quadro generale che emerge dal rapporto è quello di un settore non immune da profonde trasformazioni. Per la prima volta si sta registrando, almeno per quando concerne le economie mature, un disallineamento tra crescita della ricchezza e consumi energetici (in diminuzione); aumenta il peso della componente “energivora” dell’Asia, trascinata dalla domanda Cinese; gli obiettivi di decarbonizzazione stanno modificando il tradizionale mix energetico, con un ruolo prominente nella produzione e distribuzione del gas naturale. Sono solo alcuni dei fattori che modificano in tempo reale la struttura dei mercati e, con essa, le sollecitazioni verso l’attività marittimo – portuale.

Tra queste, l’incremento delle distanze via mare percorse dall’oil & gas (“i modelli commerciali di sono concentrati meno sui fornitori abituali dell’Asia occidentale e hanno così favorito l’aumento dei flussi dal bacino atlantico all’Asia orientale”), il boom del GNL (“le importazioni della commodity verso i paesi asiatici sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio e la regione ha concentrato nel 2017 oltre il 70% dell’import globale”), lo sfruttamento della rotta artica da parte della Russia (“Il primo carico di GNL da Yamal è stato consegnato in Cina nel luglio 2018 attraverso l’Artico, riducendo drasticamente i tempi e i costi di consegna rispetto al percors oocnvenzionale di Suez”). Senza dimenticare la questione sicurezza nei collegamenti.

“Le rotte marittime globali ampiamente utilizzate per questo tipo di trasporto passano attraverso alcuni stretti o canali, i chokepoint, in taluni casi così stretti che vengono imposte restrizioni alle dimensioni della nave che può attraversarle,” ha ricordato Alessandro Panaro, responsabile servizio Maritime & Energy di SRM. “L’affidabilità delle rotte marittime diventata un fattore strategico per la stabilità dle mercato mondiale dell’energia in quanto un blocco di un chokepoint, anche temporaneo, potrebbe comportare un aumento sostanziale dei costi energetici totali e dei prezzi in quanto costringerebbe le navi a percorrere rotte più lunghe”.
In questo contesto spicca anche il ruolo della portualità italiana, con Trieste al settimo posto nel ranking dei principali scali europei per movimentazione di rinfuse liquide. “I principali porti italiani – riporta la ricerca – hanno registrato tutti un incremento. I primi cinque porti (Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova, ndr) rappresentano il 71% dell’intero traffico liquido nazionale e Trieste, con 43,7 milioni di tonnellate si confermo lo scalo italiano che movimenta i volumi più elevati; lo scalo giuliano, infatti, rappresenta il punto di approvvigionamento dell’oleodotto TAL. Seguono Cagliari e Augusta, terzo per volumi, ma che è il porto che evidenzia il maggior grado di specializzazione, dedicando alle rinfuse liquide il 95,7% della movimentazione complessiva 2017”.
Luogo “prioritario” per la stessa produzione, stoccaggio e commercio dell’oil & gas i porti italiani, come “infrastruttura importante per regolare il funzionamento di questo mercato”, scontano nondimeno i ritardi del sistema paese nell’adeguarsi al ritmo dei cambiamenti.
“Serve – ha concluso Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo – una maggiore capacità di accompagnare, con competenza, i processi politici in temi strategici per il futuro del paese. Sfruttare solo l’1% dei fondi europei in progetti avviati è qualcosa da stigmatizzare. Per il futuro bisognerà guardare al nuovo modello di domanda offerta che emerge dal mercato energetico e alla progettazione di infrastrutture più intelligenti, capaci di tenere in equilibrio sistemi caratterizzati da un bilanciamento degli elementi sempre più variabile”.

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