Interviene Stefano Messina, presidente Assarmatori: «Il passaggio dal combustibile 3,5% allo 0,5%, si traduce in un rincaro di oltre l’80% della bolletta energetica delle compagnie di navigazione». IMO Global Sulphur Cap 2020 impatterà fortemente sui trasporti marittimi e sull’intera catena logistica della merce, fino al consumatore finale.
ROMA – Non è bella la sorpresa che gli armatori hanno trovato sotto l’albero. Da anni è noto che il primo gennaio 2020 sarebbero scattate le nuove regole volute dall’IMO (International Maritime Organization), quelle relative al cosiddetto Global Sulphur Cap 2020, ossia il limite alle emissioni di zolfo nell’atmosfera, ma non si sapeva quanto caro sarebbe costato l’adeguamento alle nuove misure.
Dall’inizio del nuovo anno, infatti, gli armatori avranno solo due opzioni: o utilizzare carburanti con un tenore di zolfo non superiore allo 0,5%, oppure montare sulle navi degli speciali filtri, gli scrubbers, in grado di catturare la quota eccedente di zolfo, così da non disperderla in aria. Esiste poi una terza possibilità, spostata avanti nel tempo, consistente nell’utilizzo di motori Gpl. Chi ha scelto la seconda opzione ha già dovuto investire cifre notevoli per l’adeguamento (si parla di milioni di euro), chi ha optato per la prima si era già rassegnato a dover spendere di più per il bunker.
«Tutti prevedevamo» – spiega Stefano Messina, presidente di ASSARMATORI, oltre che del Gruppo Messina – «che il nuovo carburante a basso contenuto di zolfo, sarebbe risultato più costoso con un trend in crescita determinato dall’impennata della domanda, ma l’ipotesi era comunque di una quotazione di circa 70-80 dollari al di sotto del gasolio marino, valutato stabilmente nel corso del 2019 fra i 665 e i 670 dollari alla tonnellata. E invece attualmente sulla piazza di Genova ed anche a Napoli il prezzo del combustibile allo 0,5% viaggia di poco sotto il prezzo del gasolio con alcuni casi di “sorpasso” e con il fuel all’1% che ha raggiunto i massimi storici in Nord Europa.
Sulla Sulphur Cap 2020 sono quindi saltate tutte le previsioni e oggi il passaggio dal combustibile 3,5% al combustibile allo 0,5%, con un differenziale di 250/260 dollari alla tonnellata, si traduce in un rincaro di oltre l’80% della bolletta energetica delle compagnie di navigazione».
E che effetti avrà questo aumento?
«Sia gli investimenti attuati per l’adeguamento delle navi, sia i maggiori costi operativi per il bunker a basso contenuto di zolfo impatteranno sui margini economici delle compagnie di navigazione, già penalizzate da una concorrenza esasperata e da una crisi cronica del mercato dei noli. È inevitabile quindi che un aumento così consistente nelle quotazioni del combustibile non potrà non riflettersi sul costo generale del servizio; in caso contrario sarebbe messa in discussione la capacità delle aziende armatoriali di restare sul mercato».
Gli autotrasportatori, ossia i vostri clienti principali lungo le Autostrade del Mare, sono già sul piede di guerra. Hanno paura che un aumento del costo del servizio cancelli i loro margini economici, che sono altrettanto esigui.
«È una strada senza alternative: i nuovi oneri dovranno essere inevitabilmente assorbiti nel prezzo del servizio di trasporto marittimo e quindi condivisi dall’intera filiera del trasporto nonché dalla merce e quindi dal consumatore finale; gli armatori sono consci delle preoccupazioni delle imprese di trasporto, a loro volta costrette a operare sul confine sottile dell’equilibrio di bilancio e ad affrontare la resistenza da parte dei loro clienti a compensare gli aumenti di costo che si troveranno ad affrontare».
Che fare a questo punto?
«Bisogna difendere il percorso compiuto che ha prodotto già una consistente riduzione delle emissioni nocive: le Autostrade del Mare sono state e sono un tassello fondamentale sulla rotta dell’eco-compatibilità del trasporto; trasferendo dalle strade alle navi una quota consistente del traffico su gomma si sono ottenuti grandi risultati in termini di minori emissioni nocive nell’ambiente, decongestionamento della rete di strade e autostrade, riduzione degli incidenti stradali. È indispensabile oggi pervenire a una più generale condivisione degli oneri “ambientali” non solo attraverso la trasmissione degli stessi al consumatore finale, ma anche tramite un potenziamento degli incentivi all’impiego della mobilità marittima che permetta alle imprese di trasporto di farsi carico di una quota di aumenti compatibile per le imprese».
Pensate al Marebonus? È stato appena rifinanziato.
«Il Marebonus si è già dimostrato uno strumento utile nel triennio appena passato, ora è stato rinnovato ma lo stanziamento è stato ridotto a 20 milioni di euro. Crediamo, invece, che vada decisamente potenziato e ci rivolgiamo per questo al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli. Se è vero che è necessaria una svolta green nei trasporti, allora sarebbe davvero incomprensibile un passo indietro per le Autostrade del Mare».