Intervista a Davide Maresca: «Caro noli, Stati Uniti contro shipping company e Far East»

Long Beach

L’analisi di Davide Maresca, avvocato esperto di logistica e trasporti, docente universitario in Diritto dell’Economia – Shipping Act la “quasi legge” negli Stati Uniti «è un segno di chiusura commerciale nei confronti del Far East» – «Ci sarà sicuramente un conflitto e gli USA potrebbero utilizzare questa arma per trattare su altri fronti. Hanno parecchi fronti aperti con l’Oriente».

Lucia Nappi

LIVORNO – La pandemia da Covid19 ha veramente scatenato una tempesta nella catena logistica globale a partire dall’aumento vertiginoso dei noli marittimi operati dalle 10 maggiori shipping company, con tariffe senza precedenti storici. Dal 2020 l’economia ha assistito al sovrapporsi di problematiche logistiche: strozzature, congestioni portuali, aumento dei prezzi dei container, carenze di equipment e di stiva, blank sailing, transit time triplicato, da 15 giorni agli attuali 45 giorni soprattutto sulle tratte Asia-Nord America.

Le compagnie marittime mettono a segno profitti record senza precedenti, trainati dall’aumento dei noli. Secondo i dati di Alphaliner i profitti delle shipping company, nel 2021, potrebbero raggiungere la vetta dei 120 miliardi di dollari.

In questo contesto gli Stati Uniti in maniera dirompente cominciano a prendere una decisione, così la Camera dei rappresentanti (the House of Representatives) ha approvato, nei giorni scorsi, il disegno di legge bipartisan Ocean Shipping Reform Act 2021 (OSRA21) che mira a ridurre l’aumento dei noli marittimi e dovrebbe dare maggiore potere alla Federal Maritime Commission (FMC) per intervenire e regolare le tariffe. Un disegno di legge che però dovrà ancora superare nell’iter di approvazione il passaggio al Senato.

«Una “quasi legge” che pone il tema globale della tariffazione dei trasporti che, sotto questo profilo, sono invece liberispiega per Corriere marittimo Davide Maresca, avvocato esperto di logistica e trasporti, docente in Diritto dell’Economia presso l’Università Telematica Pegaso.

«Lo Shipping Act al momento è solo una bozza, rispetto all’eccessiva speculazione sui noli marittimi pone una regolazione attraverso la Federal Maritime Commission (FMC) sollevando una levata di scudi da parte del World Shipping Council».

Non è la prima volta che gli Stati Uniti prendono una posizione di contrasto nei confronti della eccessiva concentrazione armatoriale, era già successo anche sul tema del gigantismo navale. 

Qualora lo Shipping Act diventasse legge e venisse applicato, quale potrebbe essere la sua influenza sul commercio globale.

«Tutto il resto del mondo non è così rigido sul tema, la Commissione Europea che recentemente si è espressa ha detto che non c’è nessun problema.
In un mercato così internazionale e globalizzato come quello marittimo si aprono degli interrogativi: come si pone una regolazione territoriale per gli Stati Uniti? Inoltre, gli Stati Uniti si pongono al disopra del mercato marittimo, si ritengono più forti?».

Un grosso problema 

«Non sono certo che il provvedimento arrivi in fondo. I legislatori statunitensi pongono una riflessione, anche intellettuale, perché avviene nel Paese più liberista di tutti, mentre la regolazione introducendo  dei limiti di per sé è la cosa meno liberista. Il disegno di legge dopo l’approvazione alla Camera dovrà completare l’iter con il passaggio in Senato, il dubbio è che anche se approvata potrebbe non essere completamente applicata, oppure essere contestata».

Cartelli, abuso di posizioni dominanti e prezzi eccessivi sono i temi sollevati da caricatori e spedizionieri in Europa e affrontati dalla Commissione antitrust, così come in molti paesi asiatici, ma le risposte ricevute sono state ritenute “deludenti”.

«Una posizione così rigida questa statunitense ad oggi è addirittura diventata politica. Il tema dell’antitrust negli Stati Uniti avrebbe potuto avere un epilogo di tipo tecnico, l’autorità antitrust americana in realtà non si è mossa, esattamente come la Commissione Europea e come le commissioni antitrust di altri Paesi non si sono mosse.
C’è una volontà di affrontare il tema non tanto sul profilo della tutela della concorrenza, ma sotto il profilo della regolazione pubblica»

Un disegno di legge, quindi, che nasce dalla politica?

«Se si utilizza un atto legislativo come un atto di regolazione pubblica, non dovrà essere discrezionale rimesso alla politica, ma ci dovrà essere un modello di regolazione economico».

Quale scenario commerciale si potrebbe aprire sulle rotte Asia-Stati Uniti, considerando il conflitto già in atto tra i due big dell’economia globale?

«Gran parte della potenza marittima è nelle compagnie del Far East, questa “quasi legge” è chiaramente un segno di chiusura commerciale nei confronti del Far East. Ci sono compagnie fortissime europee, però il gigantismo è più forte nel Far East più che in Europa, come la speculazione dei noli, che sono i due aspetti da regolare».

Quale altra strategia?

«Gli Stati Uniti potrebbero aprire una propria espansione marittima, potrebbe essere una strategia per fare partire le navi di compagnie US, oppure per limitare il mercato.
La grande forza degli Stati Uniti è che sono il mercato del consumo più grande e interessante del mondo, a cui tutti vogliono arrivare».

La maggioranza delle merci e delle navi al mondo si muovono sulle tratte Asia – Nord America e la grande congestione che affligge i porti di Los Angeles/Long Beach e della catena ad essi sono collegati è espressione di questo grande flusso di merci che dai paesi asiatici, al primo posto la Cina, penetrano nel nord America attraverso gli scali californiani. Congestione che secondo la previsione dei principali esperti non è destinata diminuire sicuramente per tutto il 2022 e neppure a dissolversi nei prossimi anni.

«Se l’Oriente vuole continuare a fornire gli USA, o contesta la legge, potrebbero farlo le compagnie marittime come l’organizzazzione internazionale del commercio. E’ una legge che incide sulla libertà degli scambi internazionali, potrebbe esserci un contenzioso alla Corte dell’Aja – Corte Internazionale di Giustizia – o ad un altro arbitrato non è da escludersi, come una denuncia al WTO – World Trade Organization – l’Organo di risoluzione delle controversie».

Dal punto di vista commerciale sono prevedibili conflitti?

«Vedo una politica commerciale che dovrà adattarsi nell’immediato, ci sarà sicuramente un conflitto e gli Stati Uniti potrebbero utilizzare questa arma per trattare su altri fronti. Hanno parecchi fronti aperti con l’Oriente».

La legge sarebbe in grado di placare la corsa al rialzo dei noli e contrastare la congestione portuale?

«L’obiettivo è quello, ma  la domanda è economica: le compagnie con questo rialzo stanno veramente facendo speculazione compensando le perdite passate e quindi, possono ribassare? Oppure non possono? Se le compagnie non possono ribassare, il calo dei noli che viene effettuato per via legislativa dovrà essere compensato. Qualche altro punto della filiera dovrà pagare ed esistono altre componenti non regolate della catena logistica che possono finire a finanziare il trasporto della merce: come le commissioni per gli spedizionieri, molte componenti tariffarie che gli armatori possono utilizzare per compensare l’eventuale calo del nolo».

Sarebbe come spingere nel percorso dell’integrazione verticale?

«Si potrebbe configurare una politica di acquisizione da parte degli armatori  di aziende e altri punti della logistica nel processo di integrazione verticale. MSC, come i cinesi, lo fanno tutti stanno comprando tutto. Ma nella previsione della rivisitazione della strategia delle grandi multinazionali del mare,  niente le bloccherà».

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