Dal 2015 ad oggi nel porto di Triste si sono verificate 225 nuove assunzioni dirette in totale, tra contratti a tempo determinato e indeterminato, un bilancio del sistema lavoro quindi in positivo per il porto che ha creato in questi due anni una vera accelerazione dovuta alla stabilità produttiva e occupazionale.Questo andamento del mercato del lavoro in ambito portuale è stato reso possibile da un piano di riorganizzazione dello scalo e dello sviluppo di nuovi servizi, che motivano e sostengono economicamente tale aumento occupazionale, sia sul fronte della macchina amministrativa dell’Authority, sia delle partecipate, includendo la gestione operativa del lavoro in porto.
Nel dettaglio, l’operazione ha portato all’assunzione di 26 nuove risorse negli uffici della Torre del lloyd, di cui 15 frutto di un concorso pubblico in corso di svolgimento, in collaborazione con l’Agenzia regionale per il Lavoro della Regione Friuli Venezia Giulia. Altrettanto incoraggianti i dati dal fronte delle società partecipate: la Porto di Trieste Servizi, multiutility in-house dell’Autorità, è passata da 15 a 40 dipendenti nell’ultimo biennio. Mentre Adriafer, società che si occupa di gestire la manovra ferroviaria in porto ha assunto 40 nuove risorse, segno tangibile che i servizi ferroviari sono un asset dello scalo.
Oltre all’iniezione di nuova linfa nel settore delle risorse umane, la grande sfida è stata l’adozione di un innovativo modello di gestione del lavoro, che ha visto la costituzione dell’ALPT, l’agenzia per il lavoro portuale, nata un anno fa su impulso dell’Authority giuliana, che ha portato alla stabilizzazione a tempo indeterminato di 134 persone.
L’AdSPrende noto che anche se i traffici dello scalo registrano un buon aumento complessivo, l’obiettivo costante del management rimane la valorizzazione del lavoro e l’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti specie quelle ferroviarie, che collega Trieste il Centro – Est Europa. “Il nostro punto di forza – commenta D’Agostino – è aver colto il cambiamento in corso nel mondo della portualità ed aver adottato un sistema di business sostenibile, senza progetti faraonici da promuovere, ma dando valore alle risorse umane e garanzie tangibili agli investitori privati.”
Secondo Mario Sommariva, lo stato di salute di uno scalo non è dato solo dalle performance numeriche, ma soprattutto dagli standard sociali e occupazionali. “Sbaglia chi crede – afferma il segretario generale – che solo i milioni di teu siano garanzia di una crescita duratura e di uno sviluppo costante. Accanto alla quantità occorre porre grande attenzione alla qualità: formazione, sicurezza e dialogo sociale. Sono questi i punti di riferimento per aumentare la competitività e la produttività di un porto. Non si deve trascurare l’asset più prezioso di un porto, le persone”.
E il tema del lavoro portuale è una grande partita che si gioca proprio a livello europeo. Entro il 2030 infatti l’UE ha in previsione tra i 110.000 e i 165.000 nuovi posti di lavoro nel settore marittimo portuale. La sfida sarà quindi tra i porti capaci di adeguarsi ai cambiamenti offrendo servizi di alto livello. In questo contesto, conclude D’Agostino, “l’organizzazione, l’efficienza e la gestione del lavoro giocheranno un ruolo importante e Trieste si sta già attrezzando per la sfida”.