Livorno, in mare senza saper nuotare per sfuggire alla Guardia costiera

di Roberto Nappi
 
Livorno – Quando si dice il caporalato. Questa storia comincia con il tuffo forzato in mare di un ragazzo di 23 anni di nazionalità senegalese, mozzo a bordo del peschereccio ” Gionatan “. D’un colpo si è trovato ad annaspare tra le onde e alla fine è stato salvato dal bagnino di una spiaggia di Tirrenia ( frazione marina di Pisa ). Il giovane sta avvicinandosi a terra trascinato dalle onde urlando per chiedere aiuto e ingerendo acqua salata. Era l’8 giugno 2016 e l’extra comunitario ha raccontato la storia al bagnino.
 
Come sempre, ha detto, si trovava sul motopesca quando qualcuno ha lanciato l’allarme: erano stati avvistati e stavano per essere accostati per un controllo da una motovedetta della Guardia costiera. Il ragazzo venne immediatamente ” invitato ” (si fa per dire) con pigllio piuttosto deciso dal capo barca, il livornese Andrea Caroti, di gettarsi immediatamente in mare per evitare che i militari lo trovassero a bordo e che venisse scoperto il primo episodio di caporalato marittimo a Livorno, porto dove il “Gionatan” faceva scalo al suo ormeggio in Darsena vecchia e che si scoprisse  che lui lavorava 10 ore al giorno per dieci euro più qualche cartoccio di pesce. Di contributi previdenziali neanche se ne parlava.
 
Il peschereccio si trovava a circa 300 metri dalla riva. Impaurito perchè non sapeva nuotare e aveva problemi anche per stare a galla il senegalese si lasciò andare cercando di avvicinarsi il più possibile a terra. Per sua fortuna venne avvistato e salvato dal bagnino.
Da quel giorno è trascorso un anno e mezzo e questa mattina, martedì 5 dicembre, festa di San Giulio, Andrea Caroti è stato arrestato dai carabinieri e dai marinai della Guardia  costiera e messo ai domiciliari.
 
La storia è stata raccontata questa mattina stessa durante una conferenza stampa congiunta del comando provinciale dei carabinieri di Livorno e della Capitaneria di porto nella sede dell’autorità marittima. Relatori il comandante della Capitaneria ammiraglio Giuseppe Tarzia e il tenente colonnello de carabinieri Giuseppe Ago. 
 
I militari dei due comandi hanno portato a termine le indagini che ” hanno fatto emergere – si legge in un comunicato congiunto – un quadro probatorio a carico dell’indagato che dimostrava come il Caroti, per gli interessi della propria attività di pesca professionale, avesse posto in essere lo sfruttamento continuo non solo del senegalese ma anche di altri cittadini extracomunitari per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell’imbarcazione.
 
Persone che avessero necessità di lavorare venivano costrette a turni massacranti per un compenso di 10 euro per volta ed una modesta quantità di pesce, offesi ripetutamente quando non eseguivano a dovere gli ordini.
 
” L’arresto del Caroti è avvenuto su ordinanza emessa dal GIP del tribunale di Livorno, su richiesta del PM Fiorenza Marrara a conclusione dell’indagine denominata CATENE, attendendo il rientro della battuta di pesca del pescatore ormeggiatosi con l’imbarcazione in banchina alla Darsena vecchia “.
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