LIVORNO – Ogni tanto è giusto fare una pausa caffè. Soprattutto in questo momento, in cui la pressione delle notizie economiche è talmente forte, che ogni tanto una pausa più leggera può essere utile per ripartire con più energia. Inauguriamo oggi questa rubrica “Il caffè” che nasce come riflessione, senza pretese di analisi, su di un qualsiasi avvenimento o notizia del mondo dei trasporti marittimi, dei porti e della logistica.
Transhipment: Armatori vs Terminalisti
Alla fine decide il mercato. Mai opporsi al mercato, pertanto, così vale anche per le questioni di porti e terminal. Nell’ultimo decennio si è assistito nel settore dei porti di transhipment al determinarsi della potenza degli armatori, ovvero di quei pochi armatori in vetta alle classifiche dello shipping, che generalmente hanno la capacità di fare il bello e il cattivo tempo di un porto.
Riflessione oggi sul caso di terminal per lunghi anni in crisi di traffici, per i quali la parola ricorrente usata dai media è stata “problema”, che poi in seguito ad operazioni di acquisizione da parte di uno dei big dell’armamento mondiale (APM, MSC. COSCO etc..) questi stessi terminal sono diventati, a colpi di milioni di investimenti, “fonti di buone notizie”: traffici in crescita e assunzioni.
Pertanto anche il Mediterraneo si piega all’evidenza e viene archiviato “in memoria” il decennio dei dibattiti sul confronto Terminalisti – Armatori. C’era chi sosteneva: “A ciascuno il proprio mestiere”, ma tant’è che il mercato, anche nel caso del transhipment, nel tempo debito ha deciso.
E nonostante i chilometri di inchiostro speso dai media e i confronti dialettici degli esperti nei convegni, oggi assistiamo al fenomeno per cui un terminal di transhipment ingurgita contenitori su contenitori quando è l’armatore a portarceli perché su questo ha un interesse diretto che spesso corrisponde al 100% azionario.
Lucia Nappi