Governance portuale, controllo pubblico e snellezza operativa

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NAPOLI – Intervento del presidente del Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli di Napoli, Mario Esposito, in merito ad alcune tematiche di interesse per la categoria, tra le quali: governance portuale, controllo pubblico e snellezza operativa. L’intervento nasce come riflessione al convegno napoletano organizzato da Angopi sul tema.

Un no secco alla “privatizzazione” della governance portuale. L’auspicio all’adozione di modelli operativi “snelli”, caratterizzati dall’interoperatibilità tra i soggetti in campo, e allo stesso tempo in grado di garantire adeguati livelli di sicurezza lavorativa. Sono i punti cardini della relazione presentata da Cesare Guidi, presidente Angopi, alla recente Assemblea dell’associazione (Porti: controllo pubblico e snellezza operativa) che parte da un assunto imprescindibile: “I porti sono asset strategici del Paese”.

Disciplina codicistica degli usi pubblici
L’impianto normativo basato sul regime concessorio è più che mai funzionale alla tutela dell’interesse nazionale, soprattutto rispetto alla prospettiva “di ingenti investimenti derivanti da un ormai avviato progetto di costituzione di un nuovo aggregato geografico euro asiatico”. L’esempio da evitare è quello del Pireo. “La prevista inalienabilità, incommerciabilità e inespropriabilità delle aree demaniali portuali e la conseguente possibilità di attribuire ai privati diritti di godimento sulle stesse solo attraverso atti di concessione rilasciati dalla competente Autorità, rappresenterà uno strumento di tutela degli interessi nazionali, garantendo che soggetti privati possano gestire quelle aree solo svolgendo effettivamente un’attività che guardi agli interessi del porto e del sistema economico che su quel porto insiste”.

Snellezza operativa
La scelta dell’utente portuale rispetto a un porto non dipende quasi mai dai costi dei servizi portuali nel suo ambito erogati, bensì da altri determinanti fattori, quali la rapidità di entrata e uscita delle merci dal porto, l’efficienza delle infrastrutture retroportuali, o il network di collegamenti tra il porto e i centri di origine o destinazione finale della merce”. Se è la qualità delle infrastrutture materiali e immateriali a fare la differenza, diventa essenziale la capacità di ridimensionare “le procedure amministrative, oltre 100”, e i “soggetti interessati al loro svolgimento nei vari ambiti di competenza, oltre 20”. Il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL) ha meritoriamente posto il tema della digitalizzazione quale fattore funzionale allo sviluppo del nostro settore, fissando l’obiettivo della definizione di un Modello Unico di Port Community System (MUPCS) nell’ambito della Piattaforma Logistica Nazionale (PLN).

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Le ZES
Rispondono anche ad una logica di semplificazione amministrativa le Zone Economiche Speciali (ZES), istituite, in analogia a quanto già avviene in altri Paesi, con l’obiettivo di attrarre investimenti proprio attraverso agevolazioni di carattere amministrativo e burocratico unite a specifici incentivi di natura fiscale. Si intende così incentivare la localizzazione all’interno dei porti di attività produttive collegate alle merci che dai porti transitano”.

Quadro normativo: i tre problemi da affrontare
Mancanza di armonizzazione tra le diverse “Single Windows” nazionali (“sotto questo profilo, la direttiva 2010/65/UE non ha previsto dei vincoli particolari e ciò ha comportato una certa frammentazione negli strumenti derivanti dalla sua pratica applicazione”); necessità che attraverso le “SW” vengano fatte transitare anche tutte quelle comunicazioni derivanti da norme nazionale o locali; mancanza di armonizzazione fra le “SW” nazionali che potrebbe essere superata attraverso l’applicazione di un software di interfaccia comune per lo scambio di informazioni da sistema a sistema, al fine di facilitare le segnalazioni e ridurre ulteriormente l’onere amministrativo.

Controllo pubblico
È la condizione necessaria per “garantire che i porti e gli enti ad essi preposti possano generare ricchezza e lavoro – lavoro inteso come crescita, sviluppo e soprattutto fattore di inclusione e dignità recuperata”. “Inoltre va sottolineato che gli ambiti portuali non devono essere un mero luogo di transito con le conseguenze negative per l’occupazione e il congestionamento delle infrastrutture e delle reti trasportistiche nazionali collocate al servizio di economie, imprese e sistemi logistici al di fuori di ogni controllo”. In questo senso si evolve anche la normativa di settore con il riconoscimento dello “stretto legame fra l’ormeggio e la sicurezza della navigazione in ambito portuale ed essendo stato inserito l’operatore interno fra i modelli organizzativi compatibili con il diritto dell’Unione”. “Si tratta di un modello a cui la normativa primaria che ci riguarda e l’emananda normativa secondaria ad essa collegata sta sostanzialmente riconducendo il nostro modello organizzativo, garantendo un controllo pubblico su un servizio istituito a difesa di un bene comune alla comunità portuale, intesa nel senso più ampio del termine”.

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