Toninelli “Terzo Valico non può che andare avanti” – “rendere l’opera efficiente” ci saranno modifiche?

“il Terzo Valico non può che andare avanti” – lo ha annunciato ieri sera dai social il ministro Toninelli- “Ma farlo andare avanti non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente.

ROMA – Il ministro Danilo Toninelli ieri, nel tardo pomeriggio, ha annunciato dalle pagine di Facebook che il Terzo Valico dei Giovi, non può che andare avanti”. Si tratta del completamento della linea ferroviaria alta velocità, merci e passeggeri, per il collegamento del tratto Genova – Milano – Torino come Corridoio europeo Reno-Alpi. Lungo circa 53 chilometri, prevalentemente in galleria, dei quali oltre a 14 chilometri di linee di interconnessione con la rete che già esiste.  Il progetto come dichiarato dal ministro ha pertanto superato l’esame dell’analisi costi benefici sulle grandi opere. Ovvero del documento di valutazione sulle opere in via di realizzazione, commissionata nell’agosto scorso dal ministero  a Marco Ponti nominato per coadiuvare  la Struttura Tecnica di missione del Mit.

L’opera prosegue ma non senza modifiche:

Toninelli inoltre annunciando la prosecuzione dell’opera tuttavia non manca di sottolineare. “Ma farlo andare avanti non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente rispetto agli scopi.L’analisi costi – benefici che “verrà a breve pubblicata integralmente” scrive Toninelli, dovrebbe quindi aver prodotto la modifica progettuale di diverse opere, tra i progetti “rivisti e corretti” sicuramaente la TAV  Torino – Lione, come già annunciato dal vice ministro Edoardo Rixi, anche alcuni giorni fa a Livorno: “ è necessario ridisegnarne la linea, tale da risparmiare quasi 2 miliardi di euro che possono essere investiti su altri valichi realizzabili prima del 2030, un potenziamento almeno dei corridoi Ten-T che passano nel nostro paese”.

Questo il testo integrale dell’annuncio di Toninelli su Facebook:

“Dopo settimane di studio e calcoli da parte della struttura del Ministero che si occupa dell’analisi costi-benefici sulle grandi opere pubbliche, sono qui a raccontarvi l’esito e la decisione in merito a una delle infrastrutture che abbiamo doverosamente messo sotto esame: il Terzo Valico dei Giovi.
L’opera è divisa in sei lotti e i lavori dovrebbero essere completati nel 2023. Complessivamente il Terzo Valico costa 6,2 miliardi, di cui 1,5 miliardi già spesi. Quattro lotti su sei sono in corso di costruzione. Il primo lotto è vicino al 90%, gli altri dal 60% al 20%. Per il quinto lotto i lavori non sono partiti, il sesto deve invece essere ancora finanziato.
Come potete capire da questi numeri, si tratta di un’opera complessa e molto onerosa, interamente pagata con soldi pubblici, sulla quale il MoVimento 5 Stelle ha posto sin dal suo avvio forti dubbi.
Dalla nascita, negli anni 90, tante vicissitudini hanno riguardato il progetto: dalla sua bocciatura, per ben due volte, da parte del Ministero dell’Ambiente, sino agli scandali giudiziari che hanno portato al commissariamento di Cociv.
Insomma, siamo di fronte a uno dei tanti dossier avvelenati che ci hanno lasciato i professionisti della politica, ma che abbiamo affrontato senza pregiudizi.
Ecco a cosa serve una seria, rigorosa e finalmente obiettiva analisi costi-benefici.
Non è un vezzo o un escamotage per prendere tempo, ma l’unico metodo attendibile per dare trasparenza e supportare scientificamente le decisioni pubbliche in materia di investimenti, così da utilizzare al meglio i soldi dei cittadini. Il danaro non può essere sprecato, va usato bene e il volano infrastrutture è fondamentale per far ripartire l’economia.
Ebbene, oggi l’analisi costi benefici, che insieme alla connessa analisi giuridica verrà a breve pubblicata integralmente, ci dice questo: il costo dell’opera a finire, attualizzato a 30 anni, supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni. Dentro questo miliardo e mezzo ci sono varie voci, per esempio i minori ricavi dei concessionari autostradali oppure 905 milioni di euro di accise sulla benzina che non verrebbero incassate dallo Stato per via del cambio modale da strada a ferrovia.

Poi c’è il versante giuridico, e l’analisi svolta fa una previsione sui costi di abbandono dell’opera. Al miliardo e mezzo già speso, per lavori già eseguiti, che non è contemplato nell’analisi giuridica, ma che a quel punto sarebbe speso per nulla, va aggiunto almeno un decimo del valore residuo del contratto: parliamo quindi di 463 milioni da risarcire al contraente generale che sta costruendo l’infrastruttura, ossia Cociv. Abbiamo detto almeno un decimo, perché si tratta di una stima prudenziale.
Poi ci sono i lavori che il contraente generale affida a terzi, visto che realizza l’opera in proprio soltanto per il 40%: qui i costi, i danni e i mancati utili da pagare potrebbero attestarsi su una somma superiore a un decimo e ricadrebbero su rete ferroviaria italiana, quindi in definitiva sullo Stato.
Dunque, stiamo parlando almeno di un altro mezzo miliardo. Rimanendo prudenti, siamo già di fronte a 1 miliardo di costi stimati derivanti da un eventuale recesso contrattuale unilaterale, a cui si sommano circa 200 milioni per il ripristino dei luoghi.

Quindi, il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro di soldi pubblici. Di conseguenza il Terzo Valico non può che andare avanti. Ma farlo andare avanti non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente rispetto agli scopi.
Se vogliamo rimediare almeno in parte ai danni del passato, rendendo il Terzo Valico una infrastruttura utile dal punto di vista logistico e adatta a migliorare anche il servizio regionale sulla tratta parallela, bisogna innanzitutto che esso sia davvero ben collegato con Genova: dunque, i binari devono arrivare fin dentro il porto.
Sapete quanto Genova conti nei pensieri e negli sforzi del Governo. Allora facciamo in modo che il Terzo Valico sia veramente utile alla città.
Bisogna poi rendere pienamente operativo lo snodo retroportuale di Alessandria che peraltro insiste su un’area di proprietà di Rfi e Mercitalia.
Alessandria deve essere e sarà il retroporto naturale di Genova perché ha tutte le caratteristiche per diventarlo.
Inoltre, e ci tengo particolarmente, dovremo fare in modo che si vada avanti nell’opera senza ulteriori sprechi di danaro e in assoluta sicurezza sul piano della tutela della natura e del paesaggio. Il rispetto delle prescrizioni dell’osservatorio ambientale non potrà essere un optional: e mi riferisco in particolare allo smaltimento dell’amianto e allo stop ai camion che trasportano i materiali di risulta dei cantieri. Un trasferimento che dovrà avvenire su ferro e solo marginalmente su gomma.
Senza dimenticare tutta una serie di azioni a corredo che sono di vitale importanza: il potenziamento dei servizi regionali per migliorare i collegamenti delle località intermedie con l’area metropolitana genovese, la riduzione dei tempi di viaggio per i passeggeri fra Genova e le città di Milano e Torino, il possibile raddoppio della linea Andora-Finale Ligure ed interventi sul nodo ferroviario di Genova per ridurre il traffico su gomma.
Chi ci attacca e dice che siamo quelli del no a prescindere, sosterrà ora che stiamo tradendo la nostra anima ambientalista. Non è così, noi siamo sempre gli stessi.
Noi abbiamo a cuore la sostenibilità e gli interessi dei cittadini, non gli appetiti di certe lobby o comitati d’affari. Per questo usiamo i soldi pubblici con attenzione, in modo realmente produttivo, come nessuno ha fatto mai prima, prendendo decisioni, anche difficili come questa, in modo finalmente obiettivo e trasparente.”

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