“Belt and Road Initiative”, la minaccia della Cina neo-colonialista nei confronti del mondo

Secondo la teoria del CSIS, Center for Strategic and International Studies, organizzazione di ricerca statunitense, la BRI sarebbe più di un progetto di sviluppo economico liberale del governo cinese di Xi Jinping, ma più simile ad un piano di neo-colonialismo della Cina nei confronti degli altri paesi – 

LIVORNO – La Belt and Road Initiative (BRI) rappresenterebbe una minaccia, intesa come strategia a lungo termine, nei confronti degli interessi degli Stati Uniti e nei confronti di tutto il mondo. La BRI, arrivata al quinto anno di attuazione, si tratterebbe molto più di un piano di sviluppo economico liberale, ma sarebbe infatti più simile ad un piano di neo-colonialismo e di imperialismo del governo cinese di Xi Jinping  nei confronti degli altri paesi, celato sotto l’apparenza di un piano di sviluppo economico. Questa è la teoria che emerge da uno studio condotto dal CSIS, Center for Strategic and International Studies, l’organizzazione no-profit statunitense che si occupa di ricerca politica  fondata a Washington, DC, per fornire approfondimenti strategici e soluzioni politiche ai “decisionmaker”. 

La ricerca elenca le prove a dimostrazione della teoria secondo la quale la BRI faccia parte di una grande strategia nazionalistica di Xi Jinping per assicurare, a se stesso e al Partito comunista cinese (PCC), il potere.

Progetto su scala mondiale
BRI è un progetto su scala mondiale volto a incrementare la crescita economica e la connessione attraverso investimenti, pari a 1 trilione di dollari, su importanti progetti infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo, ma non solo, dall’Asia, all’Europa.
Oggi, oltre 80 nazioni che si estendono dall’Asia, all’America Centrale, Europa, Africa, Medio Oriente sono coinvolte nella BRI a vario livello. Inoltre, attualmente sono in corso quasi 550 progetti finanziati dalla Cina, ciò equivale a 550 diverse opportunità che ha la Cina di essere potenzialmente una leva strategica all’interno di questi Stati sovrani per un totale di quasi cinque miliardi di persone. L’NDS (National Defence Strategy) il piano di difesa strategica del governo statunitense del 2018 del governo Trump, afferma che “il clima della sicurezza mondiale è più complesso e volatile di quanto sia mai stato sperimentato nella memoria storica recente” e gli investimenti della Cina potrebbero complicare ulteriormente questo quadro. Poiché lo stato cinese sta investendo in paesi fortemente vulnerabili che potrebbero essere facilmente sopraffatti.

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Potere e retorica
Xi Jinping utilizza un’ampia gamma di strumenti retorici di leadership per raggiungere i suoi obiettivi. Dichiarazioni come: “Sogno cinese” ; “Raddrizzando l’ingiustizia del ‘secolo dell’umiliazione‘” ; “[La Cina] non può perdere nemmeno un pollice del territorio lasciato dai nostri antenati” ; “Per realizzare grandi sogni ci deve essere una grande lotta”; e “siamo decisi a combattere la sanguinosa battaglia contro i nostri nemici … per prendere il nostro posto nel mondo“. Tutto ciò sottintende una volontà neo-imperialista contro gli Stati Uniti.

Le contraddizioni
Molte sono le contraddizioni da parte del governo cinese nel progetto BRI: tra queste la prima e la più evidente è che, secondo ammissione dello stesso presidente cinese al Forum BRI maggio 2017, la BRI, “dovrebbe concentrarsi sul problema fondamentale dello sviluppo, liberare il potenziale di crescita dei vari paesi e raggiungere l’integrazione economica e lo sviluppo interconnesso e fornire benefici a tutti”.
Il concetto entrerebbe in contraddizione con il fatto che la Cina sta investendo in progetti che non prevedono di fornire un ritorno sull’investimento. La Cina ha infatti ammesso di prevedere di perdere parte dei suoi investimenti, quindi la mancanza di un ritorno economico positivo indica che la Cina potrebbe essere più interessata ad ottenere un accesso e una leva finanziaria sui paesi sovrani, piuttosto che a uno sviluppo economico reale.

Necessaria una contro-strategia
Da tutto ciò nasce la necessità di opporre, spiega la ricerca CSIS, da parte degli Stati Uniti una contro-strategia alle mire espansionistiche geopolitiche cinesi, che non sia basata sulla guerra, – come invece individua il piano di difesa strategica dal governo Trump – ma che offra necessariamente un approccio geopolitico molto più ampio per tutelare gli interessi delle nazioni più vulnerabili.

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