L’occupazione nel settore marittimo nelle aree della Campania, ha raggiunto e ormai superato le 60 mila unità senza lavoro. Dati e analisi dello studio presentato a Napoli da “#Salviamo il futuro” il centro studi di cui è promotore l’armatore Vincenzo Onorato
NAPOLI – L’occupazione nel settore marittimo nelle aree della Campania, ha raggiunto e ormai superato le 60 mila unità senza lavoro. Sono questi alcuni dei dati presentati a Napoli presso la Scuola Vela di Mascalzone Latino, da “#Salviamo il futuro” il centro studi di cui è promotore l’armatore Vincenzo Onorato, che ha presentato uno studio sullo stato dell’occupazione giovanile in Italia con riferimenti al settore marittimo.
Lo studio denuncia una disoccupazione dei giovani, nell’età compresa fra i 19 e 24 anni, doppia rispetto alle media UE in ben 5 regioni del Sud Italia dove si considera ormai con fatalismo che oltre il 40% dei suoi giovani faccia parte della schiera dei cosiddetti Neet (l’acronimo inglese che indica persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione) e, dove un laureato su due non riesce a inserirsi nel mercato del lavoro per molti anni.
Onorato parlando del ruolo del centro studi ha sottolineato: “#Salviamo il futuro vuole imporsi come coscienza critica per un paese che ha dimenticato i suoi giovani” “A partire da oggi impegnerà il suo gruppo di studio nella ricerca ed evidenziazione di tutto quanto a livello internazionale, e specialmente in altri paesi europei, si sta tentando di fare per affrontare la piaga della disoccupazione giovanile”.
I dati della Campania presenti nello studio mettono a fuoco che su 920 mila disoccupati ben 510 mila sono Neet. In Sicilia il dato dei Neet è leggermente inferiore ma quelli relativi alla formazione sono in caduta libera: il 50,5% dei giovani si ferma alla licenza media inferiore. Ma ancora più allarmanti i numeri relativi alla interconnessione fra disoccupazione giovanile e malavita organizzata: il 61% dei giovani è pronto e disposto a lavorare per imprese criminali.
Ma non è solo nelle fasce formative e sociali più basse che il fenomeno è dirompente: la fuga verso l’estero (158 mila nuovi italiani iscritti nelle liste di residenti esteri nel solo 2017) fornisce anche l’indicazione della rinuncia a una futura classe dirigente di livello: secondo gli ultimi dati certi, quelli relativi al 2016, 58 mila sono i giovani che se ne vanno ogni anno. E la maggioranza di loro parte e non fa ritorno da regioni ad alto tasso di formazione come la Lombardia.
Secondo una proiezione stilata da “#Salviamo il futuro”, per formare un giovane italiano sino alla laurea, sono necessari 173 mila euro. Il che significa che ogni anno, sulla base di dati prudenziali, l’Italia “regala” ai suoi diretti concorrenti, prima fra tutti la Gran Bretagna, 12,7 miliardi all’anno di formazione di alto livello. E rinuncia di fatto alle migliori professionalità che trovano immediato impiego in settori strategici come la sanità, la finanza, il management aziendale, il marketing e persino nella governance della pubblica amministrazione in altri paesi.
Gli ultimi due dati, mutuati da Istat e Eurostat, sono sconcertanti. Più di un milione di millennials italiani (nati dopo il 2000) è destinato a entrare nella fascia della povertà e il Paese Italia, ormai in una acclarata fase di implosione demografica, nel 2065 perderà 6 milioni di abitanti, precipitando dagli attuali 60 milioni a poco più di 54 milioni con una percentuale di anziani insostenibile per qualsiasi sistema sociale.