Il Porto Franco internazionale di Trieste, le ragioni storiche che ne hanno determinato la creazione, i recenti interventi normativi e la proposta di inserimento di questo nella lista dei territori extradoganali dell’Unione Europea. Sono le tematiche affrontate nell’ambito del webinar promosso dal Propeller Club di Trieste.
Tra i relatori: il professor Stefano Zunarelli, docente di Diritto della Navigazione Università di Bologna, Stefano Visintin, presidente Confetra FVG e Enrico Samer, presidente e a.d. di Samer & Co. Shipping SpA.
Il professor Zunarelli, già consulente del governo nazionale, ha sottolineato l’importanza del riconoscimento effettivo delle norme riguardanti l’extradoganalità territoriale e, delle opportunità di insediamenti industriali che questo comporta. Nonostante ciò la questione ha ricevuto scarso interesse da parte della politica e delle istituzioni.
«La regolamentazione è stata spesso letta come “residuato bellico” piuttosto che regime ben vigente – ha specificato Zunarelli – ma è importante partire dal dato letterale delle norme, dalle quali emerge la forza con la quale si è inteso riconoscere certe prerogative, rispetto ad altre realtà portuali».
A partire dal Trattato di Pace di Parigi del 1947 per proseguire con un Decreto commissariale del 1959, fino ai più recenti interventi della legge 84 del 1994, Zunarelli ha posto l’accento sui temi che caratterizzano i Punti franchi del Porto di Trieste. Si tratta del diritto di accesso senza restrizioni per navi e merci, della possibilità per il Direttore (oggi identificato con il presidente dell’Autorità portuale) di autorizzare lavorazione di merci e stabilire insediamenti industriali, così come dell’opportunità di compiere in completa libertà da ogni vincolo doganale manipolazione e sbarco delle merci, considerate quindi fuori dal territorio doganale dello Stato italiano. Opportunità uniche in Europa per gli operatori portuali così come per chi desiderasse investire in specifiche attività industriali, perché non si applicano limitazioni presenti in altri due porti.
«Da tutto ciò emerge come ci sia un costante riconoscimento di esenzione di ogni imposizione di carattere doganale e della più ampia possibilità di insediamento di attività industriali. Anche per questo – ha concluso Zunarelli – ci si aspetterebbe che le istituzioni potessero essere maggiormente impegnate nel riconoscimento e nella valorizzazione delle possibilità offerte da questa normativa speciale».
L’eliminazione del Porto franco internazionale di Trieste dalla lista delle zone franche con l’inserimento nella lista delle aree extradoganali dell’Unione Europea. Questa la proposta di Confetra FVG, ricordata ieri sera dal presidente Stefano Visintin come la strada maestra da imboccare lungo un percorso necessario per ottenere il pieno riconoscimento del regime di Porto Franco internazionale. Tale proposta era già stata avanzata del presidente dell’AdSP di Trieste, Zeno D’Agostino, alla Regione Friuli Venezia Giulia.
«Concretamente quello che si chiede è che il governo italiano notifichi alla Commissione Europea l’inserimento Porto Franco internazionale di Trieste nella lista dei territori extradoganali dell’Unione Europea, dal momento che l’Agenzia delle Dogane lo ritiene indispensabile – ha spiegato Visintin – per dare il via libera alle produzioni industriali di prodotti destinati in Europa»
Tuttavia, ha ricordato ancora il presidente Confetra FVG, nell’attesa di questo intervento governativo, la stessa Agenzia delle Dogane riconosce la possibilità di lavorazioni industriali i cui prodotti sono destinati fuori dall’Unione Europea: è quindi da questo tipo di produzioni che possono partire subito, se nel tavolo paritetico Dogane/Autorità di Sistema Portuale si definiranno concretamente le procedure di autorizzazione.
«Di recente abbiamo letto della denuncia di un caso di concorrenza sleale da parte del porto di Trieste nei confronti di altri porti italiani. In particolare – ha ricordato Samer – si parlava del traffico con origine e destinazione Turchia. Si tratta di circa 290mila mezzi pesanti all’anno, di cui il 30% se ne va via treno, e solamente il 9/10% del rimanente è destinato all’Italia, mentre la stragrande maggioranza procede verso il centro-nord Europa. I permessi di transito illimitati e l’esenzione su ACI e Diritto fisso godono di una liberalizzazione motivata proprio dal regime di Porto Franco internazionale».
Le recenti polemiche forse nascondono la possibile concorrenza riguardo al traffico ro-ro del Porto di Venezia dove però, ha ricordato lo storico operatore portuale triestino, collegamenti stradali e ferroviari, nonché le infrastrutture non sono in grado di accogliere una linea marittima come questa.
«In definitiva – ha concluso Samer – la questione sollevata risulta quantomeno infondata. Mi preme inoltre ricordare che il Porto Franco di Trieste non è un privilegio dei triestini, ma un vantaggio per il nostro Paese. Il traffico ro-ro dalla Turchia finirebbe altrimenti in porti stranieri come quello di Capodistria in Slovenia o Fiume in Croazia, che già si sono attrezzati o si stanno attrezzando per consentire passaggi illimitati e detassati di camion turchi: le pressioni sul governo di Ankara sono sempre molto forti in questa direzione. Da qualche tempo stiamo assistendo ad una grande richiesta di Zone franche, mentre l’Italia dimentica una zona che ha già le caratteristiche necessarie e uniche al mondo per avere enormi vantaggi e, invece di valersi di ciò, ci si autolimita irragionevolmente».
«Da quanto hanno esposto i Relatori intervenuti è confermato che c’è ancora da fare per ottenere la piena attivazione del dettato dell’Allegato VIII ma può e deve essere fatto per applicare appieno questi vantaggi che, ripeto, non sono solo a favore del Porto di Trieste ma anche dell’Italia e del suo erario»: così ha concluso l’incontro Fabrizio Zerbini, presidente del Propeller Club Port of Trieste.













