Ministeri, le attese del cluster marittimo, portuale, logistico e industriale

Logistica merci

Cluster marittimo – portuale – logistico e industriale del Paese le attese nei confronti dei ministeri di  riferimento

Lucia Nappi

ROMA – Stamani il primo passo del nuovo governo Meloni che alla Camera ha annunciato il proprio Programma. Un governo definito da tutti “storico”, sia per la prima presidente del Consiglio donna, sia per il difficile momento economico che il Paese deve affrontare Nuovo governo a cui il cluster marittimo, portuale, logistico ed industriale avanza richieste per portare a casa dei risultati e, nei confronti del quale ha aspettative, anche in funzione dei nuovi e rinnovati ministeri.

Diverse le novità nei dicasteri, cambiano alcuni nomi e ne nascono di nuovi, sebbene per ribattezzarli sarà necessario un decreto legge e un dpcm. Nasce il ministero delle Politiche del Mare e del Sud, alla cui guida siede il ministro Nello Musumeci. Da parte del cluster marittimo diversi apprezzamenti, qualche mugugno ed altri silenzi.
Del resto il dibattito sul tema non è nuovo, da anni il cluster marittimo si è diviso sulla richiesta di un ministero esclusivamente marittimo con al centro le politiche marittime. Divisione che si è sempre ricompattata nella denuncia che il graduale processo di demarittimizzazione, anche solo nella denominazione dei dicasteri, avvenuto mano a mano, fosse espressione dello scarso interesse avuto dai governi per le politiche marittime.

Demarittimizzazione progressiva

Processo di demarittimizzazione delle denominazioni iniziato nel 1994 con l’accorpamento del ministero della Marina Mercantile nel Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ribattezzato Ministero dei Trasporti e della navigazione.
Nel 1999, con la riforma Bassanini, il Ministero dei Trasporti veniva accorpato al Ministero dei lavori pubblici per formare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, quindi con la scomparsa di una denominazione che fosse in alcun modo riferita al mare.
Poi un nuovo spacchettamento del ministero: da un lato il Ministero delle infrastrutture, dall’altro il Ministero dei trasporti. Entrambi sarebbero stati nuovamente accorpati nel 2008, per costituire il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) con all’interno il Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale – la Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne.

Infine nell’ultima legislatura il passaggio da MIT a MISE (Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili) dove anche la denominazione Trasporti viene meno.

Confitarma

Tra le associazioni del claster marittimo che nelle ultime ore hanno plaudito all’istituzione del nuovo ministero delle Politiche del Mare e del Sud, ci sono gli armatori di Confitarma presieduti da Mario Mattioli, che ha sottolineato come questo rappresenti “un importante segnale di attenzione alla Blue Economy e di consapevolezza della rilevanza strategica ed economica che riveste per il nostro sistema Paese” – sottolineando – “occorre una visione unitaria ed integrata delle problematiche dell’intero settore marittimo e questo può essere il primo passo”.

FISE Uniport

Positivo anche il commento delle imprese terminalistiche e portuali associate a FISE Uniport sul Ministero delle Politiche del Mare e del Sud: “Un passo significativo per valorizzare l’economia del mare e rilanciare il Paese” – ha commentato Pasquale Legora De Feo, vice presidente di FISE Uniport– “Una decisione che testimonia la piena comprensione dell’importanza del sistema logistico e portuale nazionale con il ripristino di un Ministero strategico per il nostro Paese e per il suo rilancio economico”.
“La nascita di un Ministero dedicato all’economia del Mare non può che lasciare ben sperare per lo sviluppo di politiche marittime adeguate al ruolo che l’Italia per sua natura riveste e deve giocare in modo sempre più centrale nel prossimo futuro. Siamo un Paese manifatturiero che necessita di materie prime da lavorare e poi immettere su altri mercati; tutto attraverso il supporto di hub portuali in grado di garantire massima rapidità ed efficacia nel loro trasporto” – osserva il vice presidente UNIPORT, poi sottolineando: “Non comprendiamo le premature polemiche emerse in queste ore verso l’istituzione di questo Ministero”.

Conftrasporto

Riguardo al Ministero delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, al cui vertice siede il vice premier Salvini, il mondo di Conftrasporto sottolinea la necessità di riportare nella denominazione le attività di logistica e trasporti, ha detto il vice presidente di Paolo Uggé: “Alla luce della necessità di emanare un decreto interministeriale per la modifica delle denominazioni di alcuni ministeri” – ha specificato Uggé – “Quanto queste funzioni – che debbono realizzarsi certamente nel rispetto della sostenibilità – siano essenziali per la competitività dell’economia italiana è ampiamente riconosciuto da tutti gli esperti e studiosi dei processi economici. Una simile scelta sarebbe la concreta dimostrazione che il Paese sta, anche attraverso la denominazione, prendendo coscienza di quanto sia decisiva la funzione logistica, che deve coniugarsi con il rispetto dell’ambiente, per lo sviluppo delle attività economiche e nell’interesse dei cittadini”.

Confindustria

Riguardo alla nuova denominazione del dicastero “Imprese e Made in Italy”, già ministero dello Sviluppo Economico,  il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, chiede scelte immediate ed efficaci, non è il momento di promesse non sostenibili dal punto di vista economiche.

Difendere le imprese:

“Il governo non può permettersi di continuare ad ignorare quanto sia strategica l’industria italiana per il Paese” . dice Bonomi – “La difesa della manifattura italiana e la sua proiezione a livello globale è una priorità di sicurezza nazionale e di coesione sociale, non è un tema corporativo – tiene a precisare – ma è un tema nazionale”.
“Questo è un governo che dovrà avere scelte immediate e efficaci, per questo la richiesta di riconfigurare il 4-5% dei 1000 miliardi di Spesa pubblica per fare interventi di emergenza nelle imprese”.

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