Intervista: Monti (SOGESE): “Container, gli operatori si sono integrati su necessità del mercato”

Andrea Monti

VIAGGIO NEL MONDO DEI CONTAINER 

Intervista I° Parte ad Andrea Monti, Ceo di SOGESE S.r.l. – ‘I container vuoti congestionano porti e interporti di Stati Uniti, Nord Europa, e in misura minore alcuni porti cinesi”   Integrazione: Metamorfosi dell’operatore, da spedizioniere a NVOCC, fino a piccolo armatore”.

Lucia Nappi

LIVORNO –  «Diversi mesi fa le compagnie di navigazione non avevano container a sufficienza per fronteggiare la domanda di carico sulle grandi rotte Cina – Europa e Cina-Stati Uniti. Quindi oltre ad utilizzare i loro contenitori di proprietà, utilizzavano anche i contenitori SOC» – Shipper Owned Container – «dei contenitori messi a disposizione dallo shipper, che non fanno parte della flotta-container dell’armatore, quindi una volta giunti a destinazione, questi devono essere venduti o stoccati nei depositi».

Così Andrea Monti, Ceo di SOGESE S.r.l. – operatore nel noleggio e vendita di container e celle frigorifere a livello internazionale, con base in Italia a Livorno e a livello nazionale con depositi di container, interviene per Corriere marittimo, sull’attuale situazione del mercato globale dello shipping attraverso il punto di vista del mercato del container

«Nell’ultimo anno» – continua Monti – «la quantità di SOC sviluppatasi è stata eccezionalmente elevata e superiore alla media degli anni precedenti, perché questi venivano accettati dalle compagnie di navigazione per fronteggiare la carenza dei loro contenitori. Mentre adesso, a fronte del calo del commercio e dei consumi globali tanti di questi contenitori sono rimasti nei depositi container e nei terminal portuali e non riescono ad essere venduti, così il loro prezzo tende a calare, come le commodities».

Gli analisti mettono a fuoco una congestione nei porti a causa dei contenitori vuoti. Quali sono i porti e quali le cause del fenomeno?

«C’è una notevole congestione in porti e interporti del Nord Europa e degli Stati Uniti, accompagnata da una piccola congestione, non eccessiva, in alcuni porti cinesi. Ma le cause sono diverse» – «Parlando di congestione, non c’è solo la capacità del porto di accogliere milioni di teu, ma quanto la capacità dei servizi a terra: operazioni doganali, controlli, servizi terrestri e trasporti intermodali e gli stessi depositi di raccolta dei contenitori da gestire, con una mole di volumi che nei porti congestionati non può essere gestita per questioni di capienza».

Quali sono le diversità tra le congestioni in  Cina, Nord Europa e USA?

CINA

«In Cina la causa scatenante la congestione è il lockdown prolungato che ha prodotto un accumulo di contenitori in fase di sbarco, lungo tutta la catena logistica che si articola dal porto fino alla consegna delle merci e successiva restituzione dei contenitori vuoti in deposito.
Il lockdown ha interrotto il flusso di entrate e uscite regolari, creando un shock dal punto di vista logistico in cui tantissimi contenitori, vuoti e pieni, devono essere gestiti insieme con gli stessi vincoli di quando il flusso era regolare. Quindi il numero di gru, trasportatori, spazi nei depositi, nei terminal portuali e ferroviari è invariato».

NORD EUROPA

«In Nord Europa è diverso, qui arrivano le merci dalle rotte da Medio Oriente, Cina, India, (rotte westbound si intende dal Far East fino all’Europa) e affinché si realizzi un bilanciamento nello stock di container, altrettanta merce deve fuoriuscire in senso opposto.
Ma notoriamente il rapporto tra importazioni europee sulla rotta westbound e esportazioni verso il Far East è sbilanciato».

STATI UNITI

«Lo stesso è avvenuto in alcuni porti e interporti degli Stati Uniti, in particolare nei più trafficati Savannah, Dallas, Oakland, Los Angeles/Long Beach che servono primariamente i traffici dalla Cina, traffici più ricchi per le compagnie di navigazione che su queste rotte riescono quasi sempre a riempire le navi, inoltre la domanda è talmente alta che riescono a tenere tariffe notevolmente elevate.
Anche per queste rotte nei mesi passati la mancanza di disponibilità di contenitori ha prodotto l’utilizzo smisurato di contenitori SOC che successivamente sono rimasti a terra.

Gli Stati Uniti hanno una elevata impronta import e una scarsa impronta export, per cui come in Nord Europa si è verificato questa congestione.
Inoltre molte infrastrutture negli Stati Uniti non sono in grado di gestire shock di domanda, ovvero di tutta la merce che è arrivata improvvisamente nel rimbalzo post Covid, sia durante il lockdown globale che nel periodo del lockdown cinese protratto fino a maggio 2021».

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Tornando alle cause della congestione di container vuoti

«Chi aveva comprato questi contenitori SOC a prezzi elevati – nel momento di picco della domanda – si è trovato poi con un contenitore a destinazione che ha subito una forte riduzione nei suoi prezzi di mercato. Questo unito al minore traffico verso la Cina, unito anche al rallentamento del commercio e dell’economia globale, quindi a minore merce in esportazione verso l’Europa, ha creato un surplus, eccesso di offerta, di contenitori SOC di cui molti sono ancora fermi nei depositi di Nord Europa e Stati Uniti».

Le compagnie di navigazione adesso usano le proprie flotte di container?

«Se prima c’era un incentivo da parte delle compagnie di navigazione di utilizzare questi SOC sulle rotte Europa-Cina, adesso il sovrastoccaggio porta le compagnie ad utilizzare primariamente contenitori della propria flotta e solo in via secondaria ed accessoria i SOC che, ancora una volta, subiscono un rallentamento nell’esercizio della loro operatività».

Quali  sono gli operatori nel settore del SOC?

«Il normale spedizioniere utilizza il SOC per un singolo viaggio quando l’armatore sulla nave mette a disposizione solo lo slot, in genere il SOC viene rifornito da una società come Sogese. Per esempio lo spedizioniere lo utilizza per un singolo viaggio, poi viene restituito a Sogese, in un deposito Sogese a destinazione, dopo che è stato scaricato.

Gli operatori NVOCC (non-vessel operating common carriers) hanno la proprietà o disponibilità di flotte di contenitori. Svolgono attività di spedizione dalla quale si generano flussi di ricavi che altrimenti sarebbero di competenza della compagnia di navigazione: soste, detention, una serie di charges nei confronti del cliente.
In questo caso il contenitore rimane nelle disponibilità dell’NVOCC per tutta la durata della vita utile del contenitore, fino a quando lo stesso NVOCC decide di disfarsene perché si necessita un rinnovo della flotta».

Alcuni operatori hanno colto l’opportunità di integrarsi

«Durante queste fasi alcuni operatori in generale in Medio Oriente, in India, in Asia del Sud, ma non in Europa, è stata quella di trasformare l’attività di spedizioniere pura, in NVOCC e poi anche di armatore attraverso il noleggio di piccole navi portacontainer. E’ una soluzione che permette all’operatore di aggredire dei margini di profitto che, altrimenti, sarebbero propri delle compagnie di navigazione o dei partner di queste.

Questa tendenza è stata spinta dalla necessità di mercato, dove le compagnie di navigazione hanno preferito concentrarsi su traffici importanti, come le rotte Cina-Europa e Cina -USA con navi di dimensione crescente e di maggiore capacità. Lasciando aperti degli spazi ai piccoli operatori che si sono specializzati sui traffici regionalizzati molto specialistici o sul feederaggio.

«In questo caso lo spedizioniere che ha colto l’opportunità di integrarsi, prima con l’acquisto di contenitori, poi di diventare un NVOCC, poi diventando un piccolo armatore noleggiando delle piccole navi, ha garantito un servizio non comprandolo da terzi ed ha integrato margini di profitto».

In questo caso avviene spesso di noleggiare i contenitori anziché comprarli?

«Spesso questo tipo di metamorfosi da parte degli operatori è accompagnata da investimenti ingenti, quindi nel caso in cui non si abbiano disponibilità liquide per acquisire flotte di container di proprietà, si cerca e avviene spesso di noleggiare i contenitori anziché comprati. Per esempio, nelle filippine ci sono tante opportunità, per la presenza di tante isole, per questi operatori per integrarsi e offrire servizi più integrati rispetto alla spedizione “normale”»

Per quanto riguarda l’Europa?

«Il discorso per i porti nord europei ed, europei in genere, è diverso perché essendo questi serviti molto bene dalle compagnie di navigazione, anche con i loro diretti servizi di feederaggio, gli spedizionieri sono meno incentivati a sostenere questa metamorfosi con i relativi costi fissi, continuando ad essere spedizionieri puri».

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