Il 73% dell’export nazionale è venduto ex Works – E’ vero che costa meno? SRM

nave container

Import-Export marittimo di merci containerizzate: Un futuro da schiavi?
Questo il tema al centro del convegno organizzato in diretta streaming oggi, a Terrazza Colombo, da Camera di Commercio di Genova e Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale con il supporto tecnico di  C.I.S.Co – Centro Internazionale Studi Containers e di Promos Italia. L’incontro ha aperto una riflessione sulla problematica della vendita franco fabbrica nel commercio e le ripercussioni sulle imprese italiane. Con le proposte per il recupero del ruolo dei player nazionali nella prossima ripartenza post-COVID.

Alessandro Panaro, responsabile servizio maritime & energy di SRM, ha presentato a tal proposito lo studio SRM/Ports of Genoa sulla diffusione dell’EX WORKS delle aziende esportatrici italiane. L’analisi parte dai porti dell’AdSP del Mar Ligure Occidentale, focalizzata soprattutto sull’attività del porto di Genova.

Lo studio di SRM, spiega Panaro, si propone di analizzare le relazioni logistico portuali tra i porti e il sistema manifatturiero, focalizzandosi sull’export containerizzato. Il campione delle imprese intervistate è rappresentato da 500 imprese manifatturiere che utilizzano il porto di Genova per esportare, con un volume di export globale di circa 550 miliardi, di cui potenzialmente containerizzabile 295 miliardi. Pertanto un volume di affari molto rilevante.

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Secondo l’analisi il porto di Genova ha un ruolo di assoluto rilievo per le imprese  che esportano ed è risultato utilizzato al 100% per le imprese del Piemonte, al 55% per le imprese della Lombardia, al 35% per Veneto e al 25 per l’Emilia Romagna. Queste imprese lavorano principalmente in export con i seguenti Paesi: Francia, USA, Spagna, Cina, mentre per l’import: USA, Francia.

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Quali saranno i mercati del futuro nei prossimo 5 anni. Secondo le imprese intervistate per l’export: Francia, Spagna, Germania. Per quanto riguarda l’import: Cina, Giappone, Emirati Arabi, Usa Canada e Brasile.

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La diffusione dell’EX WORKS nelle aziende esportatrici italiane:
La logistica italiana, secondo l’analisi di SRM, sta perdendo il controllo del prodotto italiano: il 73% delle esportazioni italiane, contro il 30% di quelle tedesche, francesi e spagnole viene venduta “ex Works”: il ritiro avviene allo stabilimento del produttore italiano e tutte altre fasi del trasporto vengono decise dal compratore estero, che decide chi utilizzare per il trasporto, dove far transitare la merce, che linea marittima usare, con chi assicurare le merci e che banche usare per finanziare il pagamento delle merci e le eventuali garanzie. Tra le imprese analizzate, secondo la suddivisione regionale, le imprese venete sono quelle che utilizzano maggiormente il “franco fabbrica” al 91%, pertanto cedendo al compratore estero la loro logistica. La regione che utilizza meno il franco fabbrica, secondo la ricerca, è l’Emilia Romagna (58%).

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Alla base della scelta da parte delle imprese, ovvero perchè venga delegato il ruolo della logistica al compratore, le imprese valutano che sia un sistema per mantenere basso il prezzo del prodotto, inoltre si considera che sia un modo efficace per cedere all’acquirente il rischio delle operazioni logistiche e doganali, in ultimo alcune imprese ritengono di non essere in grado di assumere l’onere  di seguire il processo di trasporto fino a destinazione.

La gestione del mandato di trasporto viene affidato principalmente allo spedizioniere al 62% ripetto al carrier 24%.

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Dalla analisi emerge pertanto che le imprese non vivono come un problema il franco fabbrica e non percepiscono che questa modalità di gestione della logistica possa rappresentare un problema e possa anche impedire un miglioramento della nostra bilancia commerciale.
Quale possa essere una strada da intraprendere per invertire la rotta? Sicuramente “un approccio sinergico come sistema Paese” – specifica Panaro – “prevedendo meccanismi di incentivazione  che possano stimolare le imprese a non utilizzare l’ex Works” – “perchè così facendo, perdiamo il controllo e una buona parte di potenziale lavoro per le nostre imprese logistiche”.

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Lucia Nappi

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