di Lucia Nappi
ROMA – In occasione del Convegno nazionale Angopi (Associazione nazionale gruppi ormeggiatori porti italiani) che si svolge stamani a Napoli, Castel dell’Ovo, diamo una seconda pubblicazione all’intervista, uscita e on line dall’ 11 giugno scorso, da noi realizzata con il presidente di Angopi, Cesare Guidi, in materia di sicurezza del lavoro. L’incidente avvenuto due giorni fa allo stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, costato la vita ad un operaio di 43 anni, Salvatore Lombardo, ha portato, purtroppo nuovamente, l’attenzione sulla sicurezza del lavoro nei porti. Su questo delicato tema Corriere marittimo ha chiesto a Cesare Guidi, presidente di Angopi un’analisi sulle principali problematiche e i rischi che la categoria da lui rappresentata si trova ad affrontare quotidianamente, parlando dell’impatto che le nuove norme in materia avranno su questi tipi di professioni
Presidente Guidi quali sono le principali problematiche che si verificano nei porti che rendono possibile il rischio di infortunio per gli ormeggiatori? La tematica della sicurezza del lavoro in ambito portuale è stata anche al centro delle manifestazioni del primo maggio.
«Ritengo assolutamente condivisibile che le organizzazioni sindacali abbiano posto come tema di riflessione per le celebrazioni dello scorso primo maggio la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavori. Si tratta, in effetti, di una questione di primaria importanza, rispetto alla quale credo che ogni sforzo debba essere compiuto per evitare il triste fenomeno delle morti bianche.
Il quadro normativo sulla materia di cui ci stiamo occupando si è progressivamente arricchito di nuovi provvedimenti, che, a partire dalla seconda metà degli anni 90, hanno inteso modernizzare le precedenti disposizioni risalenti al 1955; tuttavia, le statistiche dei lavoratori deceduti sui luoghi di lavoro dimostrano che le sole leggi non bastano ad arginare questo drammatico fenomeno, che non dovrebbe appartenere a contesti socialmente evoluti. Con specifico riferimento al settore portuale, il decreto legislativo 81/2008 prevedeva un provvedimento che coordinasse i decreti legislativi 271 e 272 del 1999, specifici del settore marittimo portuale, con le disposizioni del citato decreto legislativo 81. Ancora di tali provvedimenti non vi è traccia, malgrado, specifici gruppi di lavoro, istituiti presso il competente ministero, avevano elaborato proposte normative al riguardo».
Quali sono i principali rischi della vostra professione?
«È necessario che l’attività degli ormeggiatori/barcaioli venga svolta tutelando adeguatamente i singoli lavoratori. Particolare attenzione è stata quindi rivolta alla elaborazione del piano valutazione rischi, ricomprendendo al suo interno ogni singola azione che possa esporre i lavoratori a rischi.
Stiamo avviando con INAIL-ricerche una fase sperimentale di piani mirati di prevenzione, finalizzata, appunto, a rendere le procedure fin qui elaborate ancora più rispettose del dettato normativo.
I rischi della professione derivano in parte dall’attività stessa, che per la sua natura anfibia comporta passaggi fra la banchina e i mezzi nautici e viceversa, passaggi che hanno in sé sempre elementi di rischio; le operazioni stesse, a cui si associano rischi connessi ad esempio alla movimentazione dei carichi e alla rottura dei cavi di ormeggio, tema questo particolarmente delicato ed oggetto di specifico approfondimento in ambito IMO (International Maritime Organization).
Il porto in sé costituisce un luogo di lavoro particolare, caratterizzato dalla interferenza di numerosi soggetti che vi operano. Tale peculiarità ha, fra l’atro, giustificato specifiche normative applicabili solo nel porto che a mio avviso devono essere confermate e possibilmente migliorate, anche al fine di non compromettere la salute e la sicurezza dei lavoratori».
Le nuove norme (legge 230/2016 e 232/2017) che impatto avranno sulle vostre professioni, come giudica questi cambiamenti e come li affronterà ANGOPI?
«I riferimenti normativi hanno introdotto significative modifiche nel servizio di ormeggio/battellaggio; La legge 230, il cui iter parlamentare ha registrato un totale supporto da parte dell’utenza dei servizi tecnico nautici (pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio), ha previsto il ricorso ad un decreto ministeriale per definire l’obbligatorietà di tali servizi. Si tratta di una disposizione di particolare rilievo, intanto perché per la prima volta in norma primaria viene disciplinata l’obbligatorietà dell’ormeggio/battellaggio, riconoscendone, di fatto, lo stretto legame con la sicurezza, in linea con la normativa internazionale ed europea. Poi perché attraverso il decreto ministeriale si garantisce un’uniforme disciplina in tutti i porti del nostro Paese, evitando in questo modo che la sicurezza possa essere utilizzata come leva competitiva dei porti.
La medesima legge, peraltro, amplia il concetto di porto, estendendo anche agli approdi esterni alle difese forane il campo di intervento dei servizi tecnico nautici. Si tratta, in realtà, di una norma che ha codificato quanto già in essere nel nostro Paese per effetto di specifiche disposizioni delle locali Capitanerie di Porto.
Con il decreto legislativo 232 si stanno creando le condizioni normative per dare pratica applicazione al recente Regolamento dell’EU sui servizi portuali. Il provvedimento, infatti, individua nel comandante del porto il soggetto che esercita sui Gruppi, costituiti in Società cooperative, il potere di vigilanza e controllo, anche attraverso la definizione dello statuto delle Società. In altri termini si stanno creando le condizioni perché i Gruppi/Società cooperative possano essere considerati operatori interni, come previsto dal sopracitato Regolamento EU. Ulteriori disposizioni in tal senso orientate sono contenute nelle modifiche del regolamento di esecuzione al codice della navigazione, a cui la competente direzione generale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sta lavorando e alle quali, per quanto di nostra competenza, stiamo dando il nostro contributo. Il fatto poi che i Gruppi si costituiscano in Società cooperative non modifica la situazione attuale, dal momento che la pressoché totalità dei Gruppi già sotto il profilo civilistico sono organizzati secondo questo modello societario, ma è certamente funzionale a superare la dicotomia Gruppo/Cooperativa che qualche criticità, anche nel recente passato, ha comportato. Molto rilevante è la previsione contenuta nel decreto legislativo in esame in forza della quale l’accesso alla professione avviene attraverso concorso pubblico. La rilevanza non sta tanto nello strumento, in effetti già oggi si entra nei Gruppi tramite concorso pubblico, ma nel fatto che sia una norma di rango primario a prevedere una disposizione oggi contenuta in atti amministrativi. Anche tale previsione è coerente con il dettato del più volte citato Regolamento UE».
In che modo la tecnologia e la digitalizzazione sta cambiando il vostro mondo di riferimento. Come affrontate questo processo, cosa invece resterà immutato?
“La professione di ormeggiatore ha nella conoscenza dell’arte marinaresca una sua componente fondamentale e, per quanto l’innovazione tecnologica stia già interessando la nostra attività, è difficile immaginare che nel futuro si possa continuare a svolgere questa professione senza quelle competenze proprie dell’arte marinaresca. Ci rendiamo tuttavia conto che, come detto, le innovazioni tecnologiche stanno prepotentemente interessando il settore marittimo portuale e rispetto a queste l’atteggiamento della categoria è stato ed è sempre quello di assecondare tale sviluppo, laddove funzionale allo svolgimento di un servizio più efficace ed efficiente. È per questo motivo che la categoria da diversi anni è impegnata in un percorso di formazione continua, teso anche a dotare gli ormeggiatori/barcaioli degli strumenti necessari per potersi confrontare con le nuove tecnologie. È un percorso al momento previsto solo in norme pattizie, ma che la richiamata modifica del regolamento al Codice sta prevedendo come obbligatorio per mantenere l’iscrizione nel registro deli ormeggiatori. Circa gli strumenti derivanti dall’innovazione tecnologica, segnalo, in particolare, l’uso ormai diffuso di verricelli meccanici, necessari per ridurre gli sforzi per la movimentazione dei cavi, e in via sperimentale nel porto di Genova quello degli “shore – tension”, strumenti inventati dai nostri colleghi olandesi per assicurare una maggiore stabilità della nave ormeggiata e consentire quindi lo svolgimento delle operazioni di carico e scarico in maggiore sicurezza. Si tratta, di apparecchiature che, proprio in relazione alla crescente dimensione delle navi, consentono anche in condizioni meteo marine avverse di mantenere le navi stesse ormeggiate in sicurezza e comunque permettono di monitorare la tenuta dei cavi, consentendo di intervenire qualora la stessa sia messa in pericolo”.