L’UE decide di mettere al bando la vendita di auto nuove con motore termico, benzina e diesel ma anche ibrido, GPL e metano bi-fuel a partire dal 2035 – Questo fa parte del piano Fit For 55, che mira alla neutralità climatica entro il 2050. Decisione che apre aspre critiche anche da parte dei molti rappresentanti del settore automotive, trasporti e autotrasporto.
Conftrasporto, Uggè:
Tra le associazioni dell’autotrasporto il presidente di Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggè, fa sapere che porteranno avanti la petizione contro la messa al bando dei motori diesel e benzina entro il 2035, dichiarando il proprio appoggio “a qualsiasi iniziativa venga intrapresa contro lo stop ai motori termici deciso dall’Ue, iniziando da quella programmata per il fine settimana in diverse piazze del Lazio e della Lombardia”.
“Il divieto europeo di produzione di auto benzina e diesel dal 2035 è una scelta masochistica per tutta l’Europa – afferma Uggè – Inviteremo tutti i nostri associati a sottoscrivere perché il tema della transizione ecologica sia affrontato tenendo conto sia del principio della neutralità tecnologica che dell’attività economica di molte imprese, dalla produzione ai trasporti”.
Il Gruppo Smet, De Rosa:
Secondo il Gruppo SMET, leader in Europa per il trasporto merci e la logistica, che si dice in prima linea per la rivoluzione green del settore ma valuta la scelta europea “miope”, – spiega il Ceo Domenico De Rosa – “ma anche assolutamente inutile per il clima, dannosa per l’ambiente, insostenibile socialmente e catastrofica per l’industria europea”.
“La scelta univoca di andare verso una mobilità elettrica non fonda la propria ragione nella dimostrazione che i veicoli elettrici, nel loro ciclo vita, siano a zero emissioni – ha spiegato De Rosa – E, inoltre, non si è pensato a come poter alimentare l’intera mobilità europea dal punto di vista dell’elettricità. Nessuno parla dei quantitativi necessari e di come poter servire l’intero parco dei motori elettrici circolante europeo”.
Il Ceo di Smet ha, inoltre, argomentato: “Le emissioni di CO2 a livello planetario, secondo l’ultimo report, sono state pari a 33,3 miliardi di tonnellate; le autovetture europee, in questo valore, incidono solamente per l’1,4%. Siamo, dunque, di fronte ad una battaglia verso un modello industriale europeo per sconfiggere un problema, non considerando tutti disastri che tale politica produce”.
Da qui l’atteggiamento critico verso la politica europea. “Non riesco a capire cosa si nasconda dietro questa politica e quali siano gli interessi di questo Parlamento in scadenza – ha precisato – Mi auguro che ci sia la possibilità di tornare a confrontarsi con gli organi economici intermedi italiani ed europei e che si possa effettivamente rivisitare l’inquadramento e il quadro normativo imposto a livello dirigista dalla Commissione, che sembra più ispirata all’ideologia ambientalista che al clima e alla neutralità carbonica effettiva”.
Dell’argomento si è parlato, ieri, anche in Senato. Il ministro del MISE (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) Adolfo Urso ha focalizzato l’attenzione sulla necessità di chiarire alla nazione il futuro della filiera industriale dei veicoli a motore, alla lue delle recenti normative europee.
“Sono soddisfatto che, anche sulla scia delle nostre considerazioni, le Istituzioni e la politica si siano sensibilizzate per occuparsi in tempo di salvaguardare i livelli produttivi, la tenuta occupazionale del settore e assicurare la riconversione della filiera”, ha precisato De Rosa, che ha anche posto l’accento sulle ricadute occupazionali della messa a bando in Europa dei motori endotermici. “La filiera delle automotive rappresenta circa il 20 per cento del PIL italiano, con quasi 270mila lavoratori – ha concluso De Rosa – Dobbiamo chiedere subito al Governo che interventi ritiene di dover mettere in campo”.