L’autotrasporto nazionale al rischio collasso – Sciopero e code ai porti fanno male al sistema logistico

L’annuncio dei 5 giorni di fermo (dal 12 al 17 luglio) dell’autotrasporto nel Terminal Genova VTE, è una notizia dirompente e con pochi precedenti. Il grido di allarme delle aziende di autotrasporto.

di Lucia Nappi

GENOVA – Situazione in grave difficoltà per le imprese di autotrasporto italiane: i costi lievitano, sotto le varie voci e diminuisce la produttività in alcuni settori, come nel trasporto dei container. Elementi in grado di mettere fuori controllo l’autotrasporto e imporre una battuta d’arresto allo sviluppo economico del paese. 

L’annuncio dei 5 giorni di fermo, dal 12 al 17 luglio, dell’autotrasporto nei servizi al Terminal genovese VTE, è una notizia dirompente e con pochi precedenti. Lo sciopero è promosso dalle organizzazioni sindacali degli autisti per i gravi disagi a cui la categoria è esposta a causa dei tempi di carico e scarico nel terminal genovese, ma anche per le condizioni fisiche in cui avviene questa sosta.

Da parte delle aziende dell’autotrasporto il grido di allarme non è meno acuto, da un lato il primo semestre dell’anno è stato caratterizzato dall’aumento dei costi di esercizio e, dall’altro da una riduzione della produttività a causa proprio dei tempi di erogazione del servizio nei porti.

I principali costi che sono aumentati:
In primo piano l’aumento dei costi del gasolio, impennata attesa e forse prevedibile, ma comunque un’oscillazione importante da luglio dello scorso anno ad oggi, pari al 10%, di cui si è sentito l’effetto soprattutto a partire dai mesi di aprile e maggio, con un impatti diretti e significativi sul costi del trasporto. Basti pensare che la componente del gasolio incide per poco meno di 1/3 sul costo chilometrico del camion.
I pedaggi autostradali: Il costo delle autostrade nazionali da gennaio 2018, come ogni anno, è aumentato notevolmente anche se in modo diversificato. Le autostrade da sole sono in grado di incidere pesantemente sui costi del trasporto, si calcola che gravino per 15-18 centesimi di euro al chilometro, sui chilometri globali percorsi da un mezzo impegnato nel settore dei container.
Tra le voci in impennata anche il costo del lavoro per l’effetto del nuovo contratto nazionale di categoria, sottoscritto a dicembre dello scorso anno.

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Diminuisce la produttività:
In alcuni tra i maggiori porti italiani i tempi necessari per l’intero percorso: dal disbrigo delle procedure di accesso ai servizi (uffici merci e gate) alle operazioni fisiche di scarico e carico, sono troppo lunghi e occorrono per queste operazioni  diverse ore. Spesso il tempo impiegato nelle attese portuali supera quello del viaggio. E qui ci si ricollega alle lamentele espresse dai sindacati a tutele dai lavoratori bloccati ogni giorno in interminabili ore passate in coda, senza la possibilità di accesso ai servizi per la persona (quando ci sono).
La congestione del traffico che quotidianamente si verifica, ancora prima di arrivare ai varchi portuali: autostrade, viabilità urbana e infine code di accesso ai piazzali. A subirne le conseguenze, oltre ai cittadini costretti ad assistere passivamente al collasso della viabilità, sono gli autotrasportatori che pagano un prezzo personale, professionale ed economico molto alto, primo tra tutti la perdita di produttività.

Alla fine però rimane danneggiato il servizio nel suo insieme. Perché in un momento in cui la logistica è riconosciuta come anello essenziale della crescita, fondamentale addirittura se parliamo di Logistica 4.0, con l’inderogabile necessità di garantire la puntualità e la celerità nella consegna delle merci, tutto rischia di fermarsi in una lunga coda in porto e in uno sciopero.

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