Politica marittima nazionale, è l’ora della rivoluzione

Gli elementi di una potenziale rivoluzione della politica marittima nazionale - Riflessioni nell'ambito della presentazione del libro di Luigi Merlo "Rivoluzionare la politica marittima italiana. Per un vero Ministero del Mare" - Incontro promosso dal Propeller Club Port of Leghorn.
Merlo Giani

di Luca Brandimarte avv. marittimista, resp. Ports, Logistics & Competition, Assarmatori

LIVORNO – Pubblichiamo le riflessioni dell’avvocato marittimista, Luca Brandimarte, responsabile Ports, Logistics & Competition di Assarmatori riguardanti le grandi sfide che attendono i porti e lo shipping nazionali, la cui portata è in grado di innescare una rivoluzione dell’intero assetto.

Tali riflessioni si inseriscono nel contesto della presentazione del libro di Luigi Merlo, direttore dei Rapporti Istituzionali per l’Italia del Gruppo MSC e presidente di Federlogistica, testo dal titolo: “Rivoluzionare la politica marittima italiana. Per un vero Ministero del Mare” . Incontro promosso dal Propeller Club Port of Leghorn, organizzato dalla presidente del Club, Maria Gloria Giani presso Yacht Club Livorno, al quale sono intervenuti oltre all’autore: Federico Barbera, presidente Assimprese Livorno e presidente Onorario Fise Uniport, il presidente e il segretario generale dell’Autorità di Sistema Portuale MTS, rispettivamente Luciano Guerrieri e Matteo Paroli, il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, l’assessora al Porto del Comune di Livorno, Barbara Bonciani e l’avv. Brandimarte per le conclusioni.

Scrive Brandimarte:

«Il trasporto di merci via mare e la portualità italiana, ma più in generale l’intero cluster marittimo-portuale, sono attesi nei prossimi mesi da alcune novità in grado di rivoluzionare l’intero assetto così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

In primo luogo, il tema del (mancato) coordinamento infrastrutturale che negli ultimi anni ha, di fatto, riguardato l’ambito portuale. A distanza di otto anni dalla riforma portuale del 2016 che ha dato vita alle Autorità di Sistema Portuale, infatti, si può dire che a venire meno è stato un effettivo coordinamento delle scelte strategiche a livello centrale; tant’è che la Conferenza dei Presidenti delle AdSP, strumento che avrebbe potuto (e soprattutto dovuto) assumere tale ruolo, non si è riunita con la frequenza auspicata (anzi…) e le varie realtà territoriali non hanno ricevuto quell’indirizzo chiaro a livello centrale che, invece, era opportuno oltreché atteso. Circostanza questa che, talvolta, ha portato le realtà locali a dei “salti in avanti” in assenza di una preventiva “project review” di quelle infrastrutture tali da potersi realmente considerare come di “sistema”.

L’auspicio dunque è che – pro-futuro – indipendentemente dal modello gestorio (o, come si dice oggi tra gli addetti ai lavori, della natura giuridica) di chi amministra il porto, tale coordinamento nazionale sia attuato in concreto, soprattutto a livello di investimenti impensabile, infatti, proseguire con una distribuzione “a pioggia”, senza tenere conto del rilievo strategico dei singoli scali – e di regole (così come altrettanto impensabile è la dotazione di un sistema regolatorio unitario solo sulla carta ma differente, nella sostanza, nella sua applicazione tra porti, talvolta, viciniori).

In secondo luogo, altra questione di rilievo è quella relativa alla digitalizzazione, processo sul quale l’intero sistema è in ritardo ed è quindi chiamato a recuperare. Attraverso la Componente M3C2 “Intermodalità e logistica integrata” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), saranno finanziati interventi per consentire ai fornitori dei servizi ed agli utenti di poter dialogare su una unica Piattaforma Logistica Nazionale (“PNL”), per un ammontare complessivo di 175 milioni di euro, che riguarderanno il co-finanziamento pubblico (fino al 40%):

(i) per gli investimenti in progettazione ed acquisto da parte delle imprese private di trasporto e logistica di piattaforme digitali di scambio informazioni, gestione, monitoraggio e “tracking” della merce con i caricatori ed i clienti finali e con la PLN;
(ii) di sistemi digitali di ottimizzazione dei carichi attraverso l’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale e sistemi di c.d. “dynamic route planning”;
(iii) di piattaforme digitali e strumentazione per la de-materializzazione documentale secondo gli standard definiti da PLN e di spese di e-learning ed attività di formazione correlate agli investimenti in tecnologie digitali.

L’occasione è insomma “ghiotta” per fare quel passo avanti atteso da tempo, “sfruttando” anche le novità in merito contenute nel “DDL Semplificazioni” il cui iter parlamentare, seppur riferito ad un aggiornamento di alcune norme del Codice della navigazione, è in corso attualmente in prima lettura al Senato.

“Last but not least”, quello che è il vero “game changer” del nostro sistema, ovvero la transizione energetica; trattasi questo di un cambio di paradigma senza precedenti, forse ancor di più di quanto introdotto con lafamosa sentenza della Corte di Giustizia del’91, la c.d. “Porto di Genova” che di fatto diede il là all’iter propedeutico alla nascita della legge portuale nella sua prima forma.

Inutile ribadire in questa sede gli effetti (potenzialmente devastanti) dell’ingresso dello shipping nell’EU-ETS, avvenuto, anche se non ancora a pieno regime, lo scorso 1° gennaio. Quello che è certo è che tale sistema genererà fondi, stimati per quel che riguarda l’Italia in alcuni miliardi di euro all’anno, e qui abbiamo la possibilità di trasformare questo strumento da criticità a risorsa.
Una parte di questo gettito, che corrisponde circa al 30%, rimane a Bruxelles; ma il resto dei fondi entrerà nel bilancio del nostro Stato, e dovrà essere speso secondo dei criteri che sono determinati dalla legge. Nello specifico, dall’articolo 10 della Direttiva europea del maggio 2023 e dal D.Lgs. n. 47/2020 che, ad oggi, è la Bibbia dell’ETS in Italia e che adesso dovrà essere modificato anche per il trasporto marittimo.

Considerato quindi che, come detto, avremo diversi miliardi di euro di gettito che le imprese italiane e quelle che operano nel Paese dovranno versare all’Europa attraverso l’accesso al meccanismo delle aste (o quote), ci aspettiamo che con questi fondi vengano realizzati investimenti – oltreché dall’armamento e dalle principali industrie, ivi incluse quelle della filiera, anche dagli operatori portuali quali i depositi costieri e gli operatori di servizi di bunkeraggio – che vadano proprio nell’ottica della transizione energetica non solo delle navi ma anche degli scali portuali nel rispetto di quanto previsto, da ultimo, dal Regolamento (UE) n. 1084/2023 sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (c.d. “Regolamento AFIR”)».

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