Digitale e resiliente, l’industria dello shipping guarda al futuro

Porto Rotterdam
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Ancora oggi a distanza di un anno dallo scoppio della pandemia, la maggior parte dei lavoratori si trova in modalità smart working.  Ma nonostante questo, grazie alla sfida digitale compiuta negli ultimi 20 anni, a livello globale le merci hanno continuato a muoversi, le catene logistiche non si sono fermate e l’industria del trasporto marittimo containerizzato ha movimentato 170 milioni di teu di TEU nel 2020, dato in linea con i traffici del  2019.

Il vettore francese CMA-CGM ha fatto sapere che il 48% dei propri lavoratori sono ancora in smart working, numeri inferiori rispetto ai livelli globali.
Ad oggi in Europa il livello di dipendenti che lavorano da casa è del’80%, in Nord America del 74% mentre il più basso è in Estremo Oriente (26%).  Secondo l’analista di settore e Ceo di SeaIntelligence Consulting, il danese Lars Jensen, questo è un dato abbastanza rappresentativo dei principali vettori marittimi.

La merce ha pertanto continuto a muoversi lungo le supply chain nonostante le grandi difficoltà causate dai colli di bottiglia e dai ritardi e, una così alta percentuale di persone che lavorano a distanza.
 «Prima del 2020 la digitalizzazione era in crescita, tuttavia non era immaginabile che il suo sviluppo fosse già a tal punto da permettere alle catene logistiche un livello di resilienza così forte e in uno scenario dirompente come quello attuale» Ha commentato l’analista – «Il fatto che l’industria funzioni nonostante tutte le difficoltà, è in larga misura dovuto al “percorso digitale” compiuto negli ultimi venti anni e, che dimostra che le fondamenta del settore sono forse più solide di quanto si pensasse e quindi la strada ancora da compiere sarà più veloce di quanto previsto solo un anno fa».

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