Da Oakland i segnali di nuovi rischi di congestione e ritardo per i porti californiani

Oakland porto
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I noli marittimi in caduta libera, potrebbero ostacolare oggi più che negli ultimi sei mesi, il raggiungimento dell’accordo contrattuale per gli oltre 22.000 lavoratori dei 29 porti della costa occidentale degli Stati Uniti.

LIVORNO –  L’indebolimento dell’economia globale, insieme alla contrazione della domanda di trasporto ha senza dubbio contribuito ad allentare la pressione sui porti e sulle catene logistiche rispetto alla congestione degli ultimi due anni. Se da un lato sono scomparse le immagini  delle navi in fila fuori dai porti di Los Angeles/Long Beach, le oltre 100 navi che un anno fa simboleggiavano la crescita dei consumi americani. Si è invece creato come effetto diretto  la presenza dei container vuoti che affollano terminal portuali, interporti, terminal ferroviari, centri interni ed esterni di distribuzione, di  Stati Uniti e Nord Europa.

Tuttavia secondo alcune analisi nuove nuvole si starebbero addensando all’orizzonte dei porti californiani, per i quali si starebbero delineando rischi di congestioni e ritardi con il conseguente aumento delle interruzioni per il flusso delle merci.

Secondo l’analista danese Lars Jensen, i noli marittimi in caduta libera, potrebbero ostacolare oggi più che negli ultimi sei mesi, il raggiungimento dell’accordo contrattuale per gli oltre 22.000 lavoratori di 29 porti della costa occidentale degli Stati Uniti. Contratto scaduto nel luglio scorso e per il quale è in corso una negoziazione tra il sindacato dello ILWUl’International Longshore and Warehouse Union  – che rappresenta i lavoratori portuali della costa occidentale degli Stati Uniti e il gruppo datoriale PMA (Pacific Maritime Association) l’Associazione dei datori di lavoro del settore marittimo della California Costa del Pacifico.

Si deve tenere presente, ha spiegato l’analista, che nei primi mesi del 2015, l’ultima volta in cui non fu possibile raggiungere un accordo contrattuale, questo produsse una coda di 40 navi fuori da Los Angeles / Long Beach – e nel 2002 il mancato raggiungimento di un accordo ha portato a una chiusura di 10 giorni di tutti i terminal sulla costa occidentale. Lo scorso anno, nel novembre 2021, il sindacato aveva rifiutato un’estensione contrattuale di un anno, sostenendo che questo aveva già subito una estensione di tre anni.

Secondo il giornale di settore Joc.Com, il sindacato ILWU lunedì scorso avrebbe interrorrotto le operazioni delle navi nel maggiore terminal container di Oakland, OICT (Oakland International Container Terminal). Fonti bene informate riportano che l’ILWU avrebbe esercitato un evidente tentativo di pressioni sulla parte datoriale (PMA) per far fronte allo stallo delle trattative. 

Aumenta, pertanto, la preoccupazione che l’interruzione del lavoro nel porto di Oakland posssa far vacillare le catene di approvvigionamento statunitensi già sottoposte a due anni di stress, fattori che possono alimentare una ulteriore crescita inflattiva e l’indebolimento dell’economia.
Eventuali interruzioni nei porti della Costa Pacifica, che gestiscono quasi il 40% delle importazioni negli Stati Uniti, potrebbero far liievitare ulteriormente i costi di trasporto, esacerbando la pressione su un’economia che si sta indebolendo, con riflesso negativo anche sugli indici di gradimento del presidente Biden.

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