GENOVA – “Abbiamo visto le recenti nomine dei vertici delle Autorità portuali italiane, 14 sulle sedici esistenti e non c’è nemmeno una donna”.
E’ l’ennesima denuncia lanciata da Wista Italy, l’associazione delle professioniste del settore marittimo nazionale, per voce della sua presidente Costanza Musso, in una lettera aperta indirizzata alla premier Giorgia Meloni, al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, al governo, alle commissioni preposte e alle Regioni.
“Su 16 Authority 14 presidenze sono state assegnate a uomini” – dice la presidente Musso – “Eppure la presenza femminile in tali enti è al 46%, il 31% dirigenti. Le competenze ci sono”
Il tema è stato più volte rilanciato da Wista Italy in questi anni, perchè la storia delle governance portuali nazionali vede solo 2 donne presidenti e 6 segretari a fronte di circa 300 nomine complessive.
“Niente di nuovo” – chiosa Wista Italy- a fronte di una presenza femminile nelle Autorità portuali pari al ‘46%, circa 700 unità, con il 47% di donne quadri e il 31% di dirigenti”.
Per Musso “Si può fare di più e lo abbiamo chiesto in modo accorato quando, a marzo, siamo andate a presentare, a Montecitorio, ospiti del presidente della Commissione Trasporti, Salvatore Deidda, il libro per il trentennale di Wista Italy “Donne sul Ponte di Comando”.
“Le nomine dei vertici delle Autorità portuali hanno anche un valore simbolico. Escludere le donne dai vertici consolida stereotipi e barriere culturali che da decenni Wista Italy, l’associazione delle donne dello shipping che oggi presiedo, combatte. Perché qui le competenze ci sono eccome, come dimostrano i dati, e c’è anche la voglia di fare la nostra parte e metterci in gioco per contribuire alla crescita del settore dei porti anche con un’impostazione complementare a quella maschile”.
Mancano ancora le ultime nomine:
“Ci auguriamo di essere smentite con le ultime nomine attese nei prossimi giorni perché l’assenza totale di donne a capo delle autorità portuali non è solo un problema di parità di genere: è un problema di crescita e sviluppo del settore”
Per Wista Italy: “Le competenze oggi non hanno genere ed escludere metà della popolazione dai luoghi decisionali ha un impatto negativo sulla qualità stessa delle istituzioni e priva il paese di risorse fondamentali per la crescita”.
Inclusione e uguaglianza nel settore marittimo
Prosegue la lettera: “Negli ultimi anni si sono fatti passi avanti per promuovere l’inclusione e l’uguaglianza tra uomini e donne nel settore portuale – scrive la presidente di Wista – I dati delle Autorità lo dimostrano. Molte aziende e istituzioni stanno adottando politiche per favorire la partecipazione femminile, come programmi di formazione dedicati, iniziative di mentoring e misure per garantire pari opportunità di carriera. Introduzione di protocolli volti a mettere a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali basate su uguaglianza e reciproca correttezza, anche attraverso forme di collaborazione per il superamento di eventuali situazioni discriminatorie di genere, individuali e collettive. Ma tutto questo non basta”.
Il tetto di cristallo
“Evidentemente permane il tetto di cristallo che impedisce alle donne di accedere a ruoli di leadership. Promuovere la parità di genere nei porti italiani significa lavorare insieme per creare un ambiente più equo, inclusivo e rappresentativo di tutte le persone che contribuiscono al settore con l’obiettivo di non pregiudicare il curriculum di nessuno, puntando invece sull’efficienza di ruolo”.
Cambiare le regole
“Altrimenti, se il settore non riesce autonomamente a raggiungere una situazione di parità, allora bisogna cambiare le regole per accelerare questo cambiamento – scrive ancora Musso -. Allora chiediamo le quote rosa, anche nei porti italiani, cioè misure volte a garantire una rappresentanza minima delle donne attraverso obblighi di percentuale o posti riservati, in modo da mettere a sistema un nuovo paradigma culturale. A noi le quote rosa non piacciono ma sono innegabilmente un acceleratore importante basti pensare che nelle aziende di grande dimensione, dove sono state adottate come obbligo di legge, hanno portato la componente femminile nei CdA dal 7% al 44% in 10 anni e a risultati aziendali migliori misurati in modo tangibile”.













