Lotta al riscaldamento globale, il settore marittimo è in ritardo

Qualche settimana fa, Miguel Aria Cañete, il commissario europeo per il Clima e l’Energia, ha twittato una foto di lui che abbraccia il primo inviato della Cina per il Clima Xie Zhenhua e la ministra dell’ambiente canadese Catherine McKenna.
Ecco cha faccia hanno i leader del clima” ha scritto Arias Cañete sotto la foto, piazzando un chiaro riferimento agli scettici del clima statunitensi e a tutti quelli che vogliono distruggere l’accordo di Parigi.
L’Europa ha investito molto nella lotta al cambiamento climatico. Al G7, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente Francese Macron hanno sollecitato gli Stati Uniti a restare nell’accordo ONU per il clima. La leadership ha a che fare con qualcosa di più che una semplice stratta di mano ad incontri di alto livello. Leadership vuol dire fare la cosa giusta per la propria nazione e per il mondo, compiendo scelte coraggiose e rifiutando finte soluzioni e pillole indorate.
Tale determinazione avrà l’occasione di essere testata di nuovo alle Nazioni Unite questa settimana, quando, circa 170 paesi siederanno nel palazzo dell’Organizzazione marittima internazionale (OMI) a Londra al fine di discutere la controversa strategia climatica del settore marittimo. Eccetto una serie di deboli regolamentazioni pro efficienza energetica sul design delle nuove navi, l’Agenzia delle Nazioni Unite ha fatto ben poco finora per fare in modo che il settore marittimo riduca le proprie emissioni di gas serra come richiesto dal protocollo di Kyoto ben 20 anni fa. È “poiché” il settore è “internazionale” è sfuggito ad una esplicita menzione in sede dell’Accordo di Parigi.
Ma il tempo sta per scadere. L’Organizzazione Marittima Internazionale dichiara che vuole sviluppare dal 2018 una “strategia iniziale” e un set finale di misure, ma bisognerà attendere il 2023 per vedere il settore marittimo finalmente unirsi agli altri settori nella lotta al riscaldamento globale.
Recentemente, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha giudicato la scadenza al 2023 per la consegna della strategia finale da parte OMI non in linea con il raggiungimento del target dei 2C dell’accordo di Parigi. Ma viste le esperienze passate, anche questa data potrebbe essere soggetta al rischio di essere ritardata ulteriormente.
Il pericolo viene dal fatto che proposte deboli presentate come “ambiziose” da slick PR possano influenzare i processi decisionali all’OMI, un organo delle Nazioni Unite che eccelle nella prevaricazione e nel ritardo e le cui bandiere cambiano a seconda della convenienza.
Qualche settimana fa, l’International Chamber of Shipping (ICS), l’influente associazione delle associazioni amatoriali, insieme ad altre associazioni internazionali dell’industria marittima, ha comunicato la propria idea di impegno per il clima, un piano che non ha nulla a che vedere con qualsiasi nozione di riduzione vincolante di emissioni di gas serra, ma che i promotori definiscono “ambiziosa”.
La proposta presentata dall’ICS e altri rappresenta un capolavoro di greenwashing: se da un lato infatti decanta un tetto massimo per le emissioni di CO2 ai livelli del 2008, nella pagina successiva esclude ogni possibilità di limitare le emissioni in una qualsivoglia forma vincolante.
Inoltre, poiché’ i livelli emissivi attuali sono già inferiori ai livelli del 2008, la proposta degli armatori sembra piuttosto implicare la possibilità di aumentare le emissioni del 20% da qui al 2050.
Già in precedenza Cina, India, Brasile e Russia, avevano presentato simili argomenti, quali l’assenza di tetti massimi vincolanti e solo target volontari dal carattere aspirazionale.
Se le discussioni in tema di clima delle Nazioni Unite tenutesi di recente a Bonn rappresentano una qualche guida, allora la delegazione statunitense, che potrebbe rappresentare il punto di forza per un processo decisionale progressista, sarà con molta probabilità piccola e/o silenziosa.
Ciò offrirà a coloro che si oppongono ad una legislazione più stringente, capeggiati da Stati che vestono la bandiera di Panama, Libia, Bahamas, o le Isole Cook, la speranza di poter affondare proposte più severe.
L’opposizione arriverà anche da Cina, India, Russia e Brasile che contrasteranno l’imposizione di limiti alle economie emergenti, nonostante attualmente i due terzi delle importazioni via mare arrivino sulle coste di tali paesi.
Tale quadro lascia agli Stati Europei, insieme ad una piccola coalizione di Stati delle isole del Pacifico e dei Caraibi, l’arduo compito di alzare l’asticella dell’OMI.
L’Europea è più forte quando parla con un’unica voce: ad oggi solo Francia, Germania, Belgio e i Paesi Bassi fanno appello alla necessità di un accordo più ambizioso.
Purtroppo quegli stati che fanno affidamento sullo shipping in maniera significativa e che risentono dell’influenza delle compagnie marittime stanno indebolendo tali richieste: un passo indietro è stato fatto da Malta, Grecia, Cipro e Danimarca.
Piani solo apparentemente ambiziose, come quelle avanzati dall’ICS et al. sono designati appositamente per dividere l’Europa e indebolire il tentativo del Parlamento Europeo di spingere l’OMI ad assumere l’impegno.
I membri del parlamento europeo hanno proposto l’inclusione del settore marittimo nel sistema europeo dell’Emission Trading System a partire dal 2023 nel caso in cui l’OMI fallisca nel pervenire ad un effettivo ed ambizioso accordo prima di allora.
Ciò è in linea con l’impegno di leadership di Arias Cañete, una posizione che preoccupa le lobby degli armatori quali ICS, BIMCO e ECSA, in quanto offre una reale possibilità di vedere finalmente l’industria marittima impegnata nella diminuzione della propria carbon footprint.
La pillola indorata presentata dall’ICS è un affronto al lavoro portato avanti dai 28 Stati Membri per giungere all’Accordo di Parigi.
La domanda per gli stati membri europei è chiara: L’Europa vuole essere leader per il clima e vedere i target stabiliti dalle Nazioni Unite raggiunti?
Se la risposta è si, allora deve avere nervi saldi, mantenere l’opzione di includere il sistema marittimo nell’ETS come leva e portare l’IMO ad assumere l’impegno.
Faig Abbasov
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