LIVORNO – Il 3 dicembre scorso la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato la Legge 182 del 2.12.2025 (ddl Semplificazione) che all’articolo 19 introduce la disciplina organica dell’attività di Consulente chimico di porto inserendola nel Codice della Navigazione con l’emanazione del nuovo art. 116 bis.
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Adesso spetta al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il ministero della Salute, l’adozione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, dei decreti attuativi che definiscano le specifiche attività ed i servizi svolti dal consulente chimico di porto, insieme alle modalità del percorso della relativa qualificazione tecnico-professionale e di iscrizione negli appositi registri.
La norma va a riconoscere il ruolo essenziale dei Consulenti chimici di porto nella prevenzione dei rischi e nella tutela della sicurezza marittima e portuale, risultato di una battaglia combattuta su più fronti, a colpi di carte bollate, per oltre un decennio di contenziosi dinanzi ai Tribunali Amministrativi da parte dell’Associazione Nazionale Chimici di Porto (ANCP), assistita dallo Studio Legale e Commerciale “Canepa & Partners” di Livorno, di cui è titolare l’avvocato Vittorio Canepa, lo studio si occupa, tra l’altro, di diritto internazionale dei trasporti e della navigazione.
L’avv. Vittorio Canepa è intervenuto per Corriere marittimo parlando del percorso e delle difficoltà incontrate per vedere istituita la nuova disciplina che regola in maniera organica la figura del Consulente chimico di porto.
Avvocato Canepa, finalmente riconosciuto il ruolo del Consulente chimico di porto: come si è arrivati a questo?
«Inizialmente era stato mio padre Luciano» – il noto avvocato marittimista Luciano Canepa, già presidente dell’Autorità Portuale di Ancona, ebbe un ruolo primario nella stesura della Legge 84/’94 di Riforma portuale – «sin da i tempi del compianto dott. Ubaldo Costa, storico fondatore, nel 1981, del Servizio Chimico di Porto di Livorno, e prima ancora, nel 1978, con il dott. Marcello Piazzi, a patrocinare per conto dell’ANCP i vari contenziosi in essere. Negli ultimi anni, dopo che mio padre si è ritirato dall’attività, insieme all’amico prof. avv. Valerio Pardini ho avuto l’onore e l’onere di seguire la questione dinanzi ai Tribunali Amministrativi di prima e seconda istanza, ma gli esiti di procedimenti proposti dinanzi a vari TAR sulle medesime questioni a volte sono stati diametralmente opposti. Ciò comportava l’enorme difficoltà di poter trattare in modo uniforme la tutela della figura professionale e, soprattutto, le modalità di accesso alla professione, a totale discapito della qualità dei servizi da rendere e, di conseguenza, con grave potenziale pregiudizio alla sicurezza portuale e sul lavoro».
Un percorso che ha visto anche sentenze di esito diverso tra loro?
«La Circolare Ministeriale DEM3 n. 1160 del 1999 (evoluzione della precedente del 1969) già inquadrava esaurientemente la disciplina dell’attività del Chimico di Porto quale normativa cui doversi attenere (qualificazione dei titoli accademici per accedervi, tirocinio e prova finale, modalità di iscrizione nei registri, eventuale numero chiuso…) ma alcune sentenze di esito completamente diverso tra loro hanno dato luogo a scenari pratici assolutamente antitetici, a tutto discapito sia della figura professionale e della sua legittimità ad operare, ma anche e soprattutto a potenziale grave danno della pubblica incolumità e della sicurezza della navigazione e sui luoghi di lavoro».
Quali sono le attività e le funzioni del Consulente chimico di porto?
«I Chimici di porto sono chiamati principalmente a verificare, in via preventiva, tutti quegli accertamenti volti a valutare i rischi connessi ai lavori di riparazione e manutenzione da effettuarsi a bordo di navi. Certificano la sussistenza o meno di determinate condizioni (si pensi alla pulizia delle stive delle navi o dei depositi costieri, solo per fare qualche esempio) in base alle quali le competenti autorità marittime o portuali concedono o rilasciano quotidianamente le autorizzazioni a procedere al carico o scarico di merci pericolose dalle navi ed a transitare dai porti. E’ evidente che le regole di base per accertare le competenze dei soggetti chiamati a svolgere tali funzioni, per poter adempiere al meglio al proprio compito, non possono rischiare di essere interpretate o applicate in modo diverso a seconda dell’esito di una pronuncia di un TAR, ma devono essere ben inquadrate da una normativa chiara e severa, altrimenti il grave ed imminente pericolo alla incolumità delle persone ed alle aree portuali potrebbe causare danni irreparabili a persone e cose, oltre che all’ambiente. La Circolare del 1999, seppure perfettibile, possedeva tali caratteristiche, ma non possedendo il rango di legge ordinaria, veniva fatta oggetto di attacchi da parte di chi aveva interesse a non farla applicare. Da qui, l’esigenza di far riscrivere la norma mediante l’adozione di un provvedimento di piena ed indiscutibile valenza, come un nuovo articolo del Codice della Navigazione».
Avete avuto il supporto della politica, come già avvenne all’epoca della “Riforma portuale” del 1994?
«Non posso negare, anzi: ho la fortuna di poter dire, che quanto appreso “vivendo” le esperienze di mio padre sia del 1994, quando partecipò alla stesura di alcuni articoli della legge 84/94 (quella sorta a seguito della famosa pronuncia dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato riguardo al monopolio delle operazioni portuali, da cui derivarono i “decreti Prandini”) sia, poi, quale membro del CdA di Ferrovie dello Stato ed, ancora, quale presidente dell’Autorità Portuale di Ancona, abbia contribuito fortemente alla mia formazione “sul campo” che ha consentito di acquisire competenze essenziali per conoscere certe modalità procedurali in virtù delle quali poter dar luogo ad un iter legislativo.
Ecco, quindi, che con il presidente ANCP ing. Ivan Tortarolo ci siamo attivati direttamente con parlamentari, sottosegretari e funzionari dei ministeri competenti chiedendo insistentemente di voler procedere in tal senso. Evidentemente anche muniti della perseveranza di chi sta perorando una causa giusta (più volte siamo dovuti ripartire completamente da zero, in quanto la procedura per qualche ragione si era arenata in un vicolo cieco) e nel superiore interesse di tutti, alla fine siamo riusciti a predisporre e far presentare da politici di varia estrazione una formale proposta di legge (a dimostrazione dell’interesse trasversale dell’esigenza di colmare la lacuna normativa, assolutamente privo di accezioni ideologiche) funzionale ad emanare la apposita norma che ha visto finalmente la luce con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre scorso del nuovo art. 116 bis Cod. Nav.».
La proposta di legge è stata presentata in Senato dal sen. Manfredi Potenti, cofirmatari i sen.ri Paolo Tosato, Tilde Minasi, Nicoletta Spelgatti e Daisy Pirovano, e con il supporto determinante del Ministero dei Trasporti, nella figura del titolare della delega ai Porti, viceministro Edoardo Rixi.














