Zeno D’Agostino, lancia il tema: Capacità strategica ed elemento dimensionale dell’economia” – ripreso dal presidente di Assiteminal. Luca Becce: la politica industriale «non può essere affidata al localismo più totale».
Lucia Nappi
LIVORNO – Chi controlla la logistica italiana e perché dovrebbe interessare l’industria e la politica – La necessità di compenetrazione tra logistica e industria manifatturiera, esigenza emersa a chiare note, stamani, negli incontri dedicati a Logistica e industria nell’ambito forum milanese Shipping meet Industry – L’Italia lamenta una mancanza di sovranità logistica, dei campioni nazionali del settore, fenomeno scaturito dalla mancanza di una poltitica industriale. Fattore declinato nell’intervento del prof. Sergio Bologna, sul tema della leadership tra imprese logistiche e manifatturiere.
Capacità strategica ed elemento dimensionale dell’economia, per raggiungere i reali obiettivi nazionali, per cui è necessario avere una visione di lungo periodo nell’utilizzo dell’economia – E’ il tema lanciato da Zeno D’Agostino, presidente AdSP di Trieste. Imprese affette da nanismo, questo il gap separa il nostro Paese dagli Stati che fanno del fattore di dimensione dell’economia, la strategia di lungo periodo – La Pubblica Amministrazione e le Istituzioni sono carenti di questa strategia. «A livello globale Cina e Stati Uniti sono in grado di fare dimensione a livello Istituzionale ed economico» – aggiunge D’Agostino – «mentre l’Europa è penalizzata sul piano istituzionale perchè non riese a fare dimensione su questo piano, ha i player ma non le Istituzioni». Come l’Italia possa realizzare determinate dimensioni nell’econonia? Secondo D’Agostino la possibilità passa attraverso la costruzione di politiche industriali nazionali che, ad oggi, mancano.
Il tema è ripreso dal presidente di Assiterminal, Luca Becce – «Dimensione dell’economia e strategia di lungo periodo vanno pari passo, non tanto come economie di scala, ma per quanto raccolgono nel loro insieme le componenti – politiche, sociali ed economiche – di una visione che si deve dare, quando si governa, di un sistema economico e sociale». Il nostro Paese ha una scarsa cultura nazionale, situazione degenerata dalla fine dei grandi sistemi politici, dalla caduta del muro di Berlino, fino alla attuale scomposizione politica e sociale che, in termini legislativi, si traduce nella progressiva perdita di dimensione strategica degli interventi legislativi.
Incapacità di una visione strategica
Secondo il presidente di Assiterminal il Paese non ha politica industriale, l’aveva con «l’industria mondiale dell’auto e delle partecipazioni statali», ma con la fine di questi sistemi «oggi assistiamo a una grave crisi nell’indicazione strategica che attiene alla politica industriale». «Sulla portualità questo ha avuto un impatto drammatico, negli ultimi anni, e questa incapacità di visione strategica si traduce nei fatti attuali».
Parlando di porti e dell’infrastrutturazione come servizio comune, il pubblico ha un ruolo fondamentale. Dalla parziale riforma della legge 84/’94, (decreto legislativo 169) sono nate le 15 Autorità di Sistema portuale, in sostituzione delle 25 Autorità portuali: «Ma in realtà non è nato nulla, ed è aumentato il livello di localismo» – «Le AdSP raccolgono solo burocraticamente gli organismi precedenti. Nel detttaglio l’adeguamento normativo (vd. le concessioni) non ha portato «all’armonizzazione sui criteri fondamentali, inerenti anche i principi di concorrenza tra porti e imprenditori».
Parallelamente «stiamo assistendo ad un forte fenomeno di accorpamento che ha interessato le compagnie di shipping. Negli ultimi 10 anni, dagli iniziali 18 player marittimi che si dividevano l’85% dei flussi commerciali globali, oggi vediamo 3 grandi aggregazioni che si giocano il 90% dei flussi. Nei porti la natura dei terminalisti è cambiata, sono sempre più controllati da fondi di investimento o armatori, perdendo la dimensione imprenditiva nazionale. Nella rappresentanza associativa il fenomeno ha incrementato la divisione: i terminalisti portuali – hanno 5 associazioni rappresentative, sebbene con due associazioni maggiori: Assiterminal che riunisce il 70% dei terminalisti nazionali e Assologistica il 30%.
«Oggi abbiamo aperto una dialogo con Assologistica che potrà portarci anche alla fusione per raccogliere le imprese terminalistiche conto terzi, anche se partecipate dagli armatori».
In conclusione dal presidente di Assiterminal un appello al governo per un approccio sistemico al tema della politica industriale che «non può essere affidata al localismo più totale».